Mario Draghi difende il quantitative easing

Mario Draghi difende il quantitative easing e la politica monetaria della Banca Centrale Europea: lo fa al Nobel Laureate Meetings di Lindau prima di partire per il simposio dei banchieri centrali di Jackson Hole in Wyoming.

Il governatore dell’istituto europeo ha sottolineato come sia l’Europa sia l’America, con dei tassi di interesse vicini a valori negativi, abbiano preferito intraprendere delle misure di tipo non convenzionale per dar modo al proprio bacino di utenza di non mettere a repentaglio la stabilità delle imprese e delle famiglie. E per quanto questo possa non piacere, ha sottolineato, “moltissime ricerche empiriche” hanno dimostrato che questo tipo di politica comprendente il quantitative easing sia tra le più adatte a sostenere l’economia generale e l’inflazione.

Mario Draghi non ha dubbi: il mondo è cambiato, con esso l’economia e quindi di conseguenza anche la necessità di approcciare i problemi della stessa nel modo giusto. E sottolinea:

Quando il mondo cambia come ha fatto dieci anni fa, le politiche, in particolare la politica monetaria, devono essere aggiustate. Tale aggiustamento, non facile, richiede una valutazione priva di pregiudizi e onesta delle nuove realtà con occhi limpidi, non gravati dalla difesa di paradigmi precedenti che hanno perso qualsiasi potere esplicativo. Le azioni politiche intraprese negli ultimi dieci anni nella politica monetaria e nella regolamentazione e nella vigilanza hanno reso il mondo più resiliente. Ma dobbiamo continuare a prepararci per nuove sfide.

Forse qualcuno si aspettava che il governatore della Banca Centrale Europea a Lindau prendesse il microfono anche per parlare del prossimo futuro della politica monetaria: non è una novità che gli investitori siano sulle spine da tempo per ciò che concerne l’economia di entrambe le grandi potenze e di certo è risaputo che la riduzione del programma degli acquisti di titoli di Stato avrà sia un forte impatto sullo spread sia sul rendimento delle obbligazioni governative degli Stati membri, tra cui figurano ovviamente anche i Btp italiani.