Inps, assunzioni in netto calo

Le assunzioni nel settore privato, nello specifico quelle a tempo indeterminato, sono in forte calo. Durante il mese fdi febbraio, secondo l’Osservatorio sul precariato Inps, ci sono state 341.000 assunzioni, 48.000 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, per un calo del 12 per cento.

Anche a gennaio, quando il calo era stato del diciassette per cento, si è era verificato lo stesso trend. Il rallentamento ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato, che non godono più degli incentivi previsti per lo scorso anno: 46 mila in meno, in caduta del 33 per cento rispetto a febbraio 2015 (meno 34  per cento a gennaio). Non vi sono invece grandi variazioni per i contratti a tempo determinato: 231 mila  assunzioni a febbraio, in linea con i periodi precedenti e stabile rispetto allo scorso mese di gennaio.  In lieve flessione i contratti di apprendistato, 15 mila  nuovi posti, il 3 per cento in meno rispetto ad un anno fa. Nei dodici mesi da marzo 2015 a febbraio 2016, comunque, il saldo annualizzato (vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) risulta positivo di 529 mila unità.

Per quanto riguarda invece le cessazioni. L’Inps registra una diminuzione del 7 per cento, senza variazioni rispetto ad un anno fa.  Dati che, specifica l’Osservatorio, tengono conto del fatto che dicembre 2015 era l’ultimo mese utile per usufruire dell’esonero contributivo di tre anni previsto dal governo per chi assumeva a tempo indeterminato. Di fatto a dicembre le assunzioni – nuove o legate ad una trasformazione di rapporto – hanno raggiunto il tetto delle 400 mila, quattro volte la media degli ultimi undici mesi.

Secondo il parere di Guglielmo Loy, segretario confederale Uil il governo “deve guardare i dati in faccia”. Si assume meno. E soprattutto si riutilizzano, come nei peggiori anni della vita del paese, forme di lavoro fragili. Le imprese non vedono un futuro roseo e non ci sono politiche tese a sostenere la ripresa economica. Sorprende che  di fronte a questi dati, ancora una volta si pensi di intervenire sulle regole e sulla contrattazione collettiva come se il male fosse questo”.