Utile E.On in crescita

 L’utility tedesca E.On ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con un miglioramento delle condizioni di redditività. Dopo la chiusura che il governo berlinese ha imposto nei confronti degli impianti più vecchi, la società è riuscita ad accelerare la crescita delle principali variabili grazie a un piano di efficienza particolarmente radicato, e alla rinegoziazione dei contratti di fornitura del gas con la Russia. In flessione (ma non è una delusione, poiché tali dati erano ampiamente attesi) i proventi derivanti dalla produzione di energia.

In termini più specifici, E.On ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con un margine operativo lordo pari a 6,7 miliardi di euro, in incremento di 2,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’Ebitda per l’anno è ora stimato in un intervallo compreso tra 10,4 miliardi e 11 miliardi di euro, contro precedenti previsioni pari a 9,6 – 10,2 miliardi di euro.

L’utile netto dei primi sei mesi è salito a 3,3 miliardi di euro, in sviluppo di 2,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Complessivamente, il risultato finale del 2012 dovrebbe aggirarsi intorno ai 4,1 – 4,5 miliardi di euro, contro precedenti previsioni pari a 2,3 – 2,7 miliardi di euro. Il fatturato è nel frattempo salito del 23 per cento a 65 miliardi di euro.

Come sopra anticipato, buona parte del merito di questa ritrovata significativa redditività deriva dall’applicazione del piano di efficientamento, che riguarda sia il taglio del personale (circa 10 mila persone in esubero nei prossimi anni) sia il riposizionamento industriale della società sul mercato. I mancati guadagni conseguenti allo stop degli impianti atomici più obsoleti decisa dal governo Merkel sono stati compensati con il miglioramento delle redditività in alcuni altri ambiti, come il trading, o l’energia rinnovabile.

E.On proseguirà la sua campagna di investimenti fuori dalla Germania in maniera ancor più massiva nel corso dei prossimi anni, al fine di diversificare il fatturato andando a privilegiare i mercati emergenti più forti, come la Russia.

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