L’Italia condannata dall’Ue per la “Golden Share”

 L’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea in tema di Golden Share; tali azioni, le quali prevedono una sorta di esercizio di poteri speciali dello Stato nelle imprese in cui la mano pubblica mantiene una partecipazione, non sono infatti previste dall’Unione Europea e, come sostiene la Corte, l’Italia è dunque venuta meno ai propri obblighi. C’è da dire che una delle clausole su questi poteri speciali è presente negli statuti di varie società, tra cui Eni, Enel e Telecom Italia. La Corte è quindi assolutamente contraria a casi in cui gli investitori assumono partecipazioni rilevanti nelle imprese: vi sono dei limiti in questo senso, dato che tali partecipazioni devono rappresentare almeno il 5% dei diritti di voto, anche nel caso di accordi tra azionisti.

Ma l’ente di giustizia europeo si è scagliato anche contro il potere di veto nell’ambito dell’adozione delle delibere di scioglimento delle società, fusione, scissione o trasferimento della sede principale all’estero, modifiche dell’oggetto sociale o dello statuto aziendale e, infine, per quanto riguarda la nomina di un amministratore sprovvisto del diritto di voto. Già nel 2004 la Commissione dell’Unione Europea aveva provveduto ad impugnare un decreto adottato dal governo italiano, il quale disciplinava espressamente i poteri speciali in merito alle procedure di dismissione di partecipazioni statali e degli enti pubblici in società per azioni; a parere della stessa Commissione, tale decreto era in palese contrasto con gli obblighi statuiti nel trattato comunitario.

Secondo le parole della Commissione, attraverso l’espletamento di questi poteri speciali vi sarebbe una violazione dei principi di libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali, dato che il decreto:

Non spiega in maniera sufficiente quali sono i criteri di esercizio dei poteri speciali. In tal modo, gli investitori non hanno la possibilità di conoscere le situazioni in cui questi poteri verranno utilizzati e verrebbero scoraggiati nell’ambito della gestione delle imprese.

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