Bankitalia frena gli investimenti Cdp

 La Banca d’Italia lancia un allarme su Cassa Depositi e Prestiti, che negli ultimi tempi è “ingrassata” in modo eccessivo fino a possedere quote di partecipazioni per 30 miliardi di euro. A Palazzo Koch è da tempo in corso una verifica delle attività di Cdp. Gli esperti di Bankitalia hanno rilevato un’anomalia che dovrebbe portare all’imposizione di paletti all’azione di Cdp. Infatti, le quote societarie in pancia a Cdp sono di un importo pari a più del doppio del valore del patrimonio netto della stessa Cassa, ovvero circa 15 miliardi di euro.

Secondo Bankitalia la situazione è un po’ troppo rischiosa per la Cassa guidata da Giovanni Gorno Tempini e Franco Bassanini, per cui andrà giocoforza riequilibrata. Via Nazionale ha da tempo acceso un faro su Cdp, in particolare da quando quest’anno la spa controllata dal Tesoro ha avuto un ruolo molto importante nella politica economica del governo considerando ad esempio le operazioni Snam-Eni, Fintecna e Sace. Se Cdp fosse una banca a tutti gli effetti, avrebbe dovuto senza dubbio ricapitalizzare.

La spa di via Goito, però, è una creatura anomala, non una banca. Controllata al 70% dal Tesoro e al 30% da alcune Fondazioni bancarie, Cdp preferirebbe essere sottoposta ad una normativa speciale senza chiaramente sottrarsi alla vigilanza di Bankitalia. A Via Nazionale contestano l’eccesso di partecipazioni. Negli ultimi mesi Cdp ha comprato il 30% meno un’azione di Snam dopo lo scorporo Eni-Snam per 3,5 miliardi di euro, sta rilevando il 100% di Sace e Fintecna dal Tesoro, il 76% di Simest dal ministero dello Sviluppo Economico per un controvalore complessivo di 10 miliardi circa.

A queste partecipazioni bisogna poi aggiungere quelle in Eni (25,76%), in Terna (29,93%), Fondo strategico italiano (90%), F2i (15,99%), Fondo italiano d’investimento (12,5%) e altre ancora. A fine 2011 il valore delle partecipazione era di poco inferiore a 18,7 miliardi, oggi è intorno ai 30 miliardi di euro. Ora Bankitalia ha accesso un faro, anche se Cdp non è completamente pubblica e soprattutto non è una banca, per cui non dovrebbe teoricamente sottoporsi ad una rigorosa vigilanza creditizia.

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