Recessione più vicina in Usa: frena il PIL

Si avvicina nuovamente lo spettro recessione per quel che riguarda l’economia americana. Il PIL è infatti cresciuto solo dell’1,1% nel primo trimestre.

Recessione una possibilità reale

Si tratta di un dato decisamente sotto le attese che sta portando davanti agli occhi di tutti i risultati della politica monetaria intrapresa dalla Fed. Ovviamente parliamo della campagna di rialzo dei tassi. La quale ha portato anche Wall Street a dare per scontata la possibilità di una recessione.

È inutile girarci intorno: in un contesto come quello attuale, per quel che concerne l’inflazione, lavorare sui tassi è la cosa principale. Allo stesso modo non si può pensare però che questo non abbia conseguenze sull’economia in generale. A frenare la crescita del PIL americano nello specifico sembra essere stato il calo degli investimenti sul mercato immobiliare e da parte dell’aziende.

Non dovrebbe stupire dato che si parla dei settori più colpiti dalla politica monetaria della Fed. Nonostante tutto i consumatori si sono invece mostrati essere resilienti davanti all’aumento dei prezzi. Portando a una crescita della spesa pari al 3,7%,  in aumento rispetto all’ultimo trimestre del 2022.

Non bisogna cantare vittoria però, dato che le previsioni per i consumi sono costellate da incognite. Soprattutto perché l’inflazione sta rallentando ma si mantiene comunque alta, abbattendo il potere d’acquisto. È stata la solidità occupazionale a far sì che il caro prezzi potesse essere affrontato finora dai consumatori.

Condizione economica differente rispetto al passato

A chiamare a gran voce l’arrivo della recessione è anche l’indebolimento del mercato del lavoro rispetto agli scorsi mesi. Il fatto che la ripresa rallenti e non crolli e gli altri fattori sono considerati dalla Fed segnali positivi. La ragione? Saranno in grado di lavorare sull’inflazione. E frenando i prezzi sarà più semplice raggiungere l’obiettivo necessario del 2%.

Va detto che la prossima settimana comunque dovrebbe avvenire un rialzo dello 0,25% dei tassi di interesse per poi raggiungere una tregua a giugno. Proprio per valutare l’impatto della politica monetaria sull’economia.

Da lì poi si dovrà comprendere come regolarsi anche in base a ciò che sta accadendo nel settore bancario. La mancanza di accordo tra le parti politiche americane non solo rappresenta uno spettro di possibile recessione, ma anche allarme per un potenziale default.

Nel caso questo dovesse presentarsi, data la situazione economica americana, potrebbe da rivelarsi davvero disastroso. Soprattutto in un momento in cui First Republic nel settore bancario presenta criticità rilevanti. I prossimi giorni saranno basilari per comprendere se effettivamente l’America si trova a rischio recessione o sarà in grado di trovare una quadra in tempo per mantenere stabile la sua economia.