Segnali di recessione negli Stati Uniti: PIL deludente, buone le esportazioni

 Negli Stati Uniti si inizia a parlare di recessione; le buone notizie scarseggiano e i dati sono al ribasso. E’ questa la sintesi che potrebbe essere fatta della situazione economia statunitense. In particolare sono stati pubblicate le cifre sulla crescita del PIL  negli ultimi trimestri. Nella parte finale del 2007 l’economia americana è scesa dello 0,2%; nel primo trimestre di questo anno è stata registrata una crescita dello 0,9% e nel trimestre appena trascorso la crescita è stata del 1,9% mentre le previsioni erano del 2,3% (tutti i dati sono annualizzati, in pratica esprimono una velocità che se mantenuta per tutto l’anno porterebbe ad una crescita pari al numero specificato).Nemmeno per il prossimo semestre le aspettative sono positive in quanto c’è il rischio che gli sgravi fiscali introdotti negli ultimi mesi perdano efficacia e non riescano più a sostenere i consumi mentre sale la disoccupazione.

Notizie positive arrivano soltanto dalla bilancia commerciale in miglioramento, ma comunque negativa per 395 miliardi di dollari. La debolezza del biglietto verde ha spinto verso l’alto le esportazioni ed è proprio grazie a questo che l’economia USA ha evitato la recessione. Senza la performance delle esportazioni infatti l’economia statunitense  nell’ultimo trimestre sarebbe  scesa dello 0,5%. Debolezza anche sul fronte dei consumi che questo semestre sono cresciuti alla velocità più bassa degli ultimi 13 anni: l’1,2%. Gli analisti parlano apertamente di recessione e soltanto in pochi parlano di una ripresa a partire dalla prossima primavera. Martin Feldstein, membro del Dipartimento Nazionale di ricerca economica di Cambridge, Massachusetts, ha così commentato gli ultimi dati pubblicati:

“Stiamo ancora scivolando nella recessione. Il secondo quarto ha beneficiato degli sgravi fiscali, ma soprattutto delle esportazioni. Ma i consumi domestici sono scesi significativamente nell’ultimo periodo.”

Questa settimana la FED prenderà una decisione sui tassi di interesse. Se fino a poco tempo fa le attese erano per una risalita dal 2% fissato a maggio, i dati sul PIL e l’inflazione in rallentamento hanno cambiato lo scenario, rendendo possibile un prolungamento dell’attuale situazione. Il fine sarebbe quello di non appesantire ulteriormente i consumi  e mantenere debole il dollaro per scongiurare l’entrata in una fase di decrescita.

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