Manovra e licenziamenti: le modifiche dell’articolo 8

 Una delle misure della manovra finanziaria che sta facendo più discutere è quella che riguarda da vicino il mondo del lavoro: il riferimento principale va all’articolo 8 del provvedimento, il quale già non viene visto di buon occhio dai sindacati per le modifiche che sono state apportate. Il tema dei licenziamenti, quindi, sta tornando di stretta attualità. Nel dettaglio, grazie ai nuovi emendamenti, tutti quegli accordi che vengono posti in essere a livello aziendale possono includere una deroga alle leggi nazionali sul lavoro e alle norme relative; questo vuol dire che il licenziamento, anche quello delle imprese con più di quindici lavoratori, potrà diventare più semplice e senza una giusta causa, contravvenendo a quanto disposto dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, vale a dire quello relativo al reintegro nel posto di lavoro.

Inoltre, bisogna aggiungere che in base alla manovra le intesa a livello aziendale e territoriale vanno ad operare perfino in deroga alle disposizioni di legge: gli accordi riguarderanno, tra gli altri argomenti, le mansioni dei dipendenti, i contratti a termine, gli orari lavorativi, i modi da utilizzare per le assunzioni e la cessazione del rapporto di lavoro. Ci sono comunque delle materie che sono escluse, con i relativi diritti che, di conseguenza, rimangono pressoché intatti. Si tratta di alcune tutele di diritti superiori, come ad esempio il licenziamento in concomitanza con il matrimonio, ma anche quello causato dall’utilizzo del congedo parentale o avviato all’inizio della gravidanza della lavoratrice. Le reazioni non si sono fatte attendere, provocando una forte spaccatura.

In particolare, la Cgil trova inammissibile che sia stato sfiorato l’articolo 18 dello Statuto, mentre i principali partiti di opposizione si sono scagliati contro le “follie giuridiche e politiche”; al contrario, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ritiene che queste modifiche siano molto utili per il paese, la soluzione più adeguata per scongiurare gli accordi senza alcuna rappresentatività.

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