Unicredit e la crisi bancaria turca: Geneve Invest analizza lo scenario

 La crisi valutaria in Turchia di questi mesi riapre una riflessione molto importante sul sistema bancario europeo, la cui fragilità continua a costituire una minaccia importante alla crescita dei mercati UE. “Indubbiamente, i problemi finanziari della Turchia potrebbero portare a una destabilizzazione importante del settore settore bancario dell’eurozona, a prescindere da una crisi del debito sovrano turco” – spiega Marialaura Pompilio di Geneve Invest, società di gestione patrimoniale indipendente che monitora in maniera molto attenta l’andamento dei mercati internazionali, giorno per giorno – “Le banche europee oggi sono talmente sottocapitalizzate da subire sempre in maniera estremamente pesante qualsiasi imprevisto di mercato”.

BBVA in Spagna, UniCredit UCG in Italia, BNP Paribas BNP in Francia, ING nei Paesi Bassi e HSBC nel Regno Unito sono gli istituti di credito più esposti alla crisi turca. In questo scenario, è

l’Italia a destare particolare preoccupazione, a causa del suo enorme debito pubblico, pari al 133% del prodotto interno lordo, e di una situazione politica che non tranquillizza gli investitori”. In questo momento, nonostante la situazione sia tutto sommato sotto controllo – spiegano ancora da Geneve Invest – gli investitori sono preoccupati, principalmente, di come gli effetti della crisi turca possano contagiare l’eurozona attraverso il contraccolpo che l’Italia potrebbe subire”.

Unicredit, la più grande banca italiana, possiede circa il 40% di Yapi Kredi (YKGYO.IS), la quarta banca turca per dimensioni, attraverso una joint venture locale. Deutsche Bank stima un impatto del 4% sul capitale netto di UniCredit, nel caso Unicredit fosse costretta ad esplorare il peggiore scenario possibile, vale a dire un’uscita di scena di Yapi Kredi. JPMorgan, nonostante abbia invece stimato in una perdita del 3% l’impatto di uno worst case scenario sull’istituto italiano, precisa che, assorbito il colpo iniziale, l’uscita di Unicredit da Yapi Kredi potrebbe sortire anche effetti positivi, grazie alla riduzione delle attività ponderate per il rischio e all’inversione delle riserve valutarie con valore negativo che la banca è stata costretta ad aumentare di recente a causa del deprezzamento della lira turca.

“Le obbligazioni di Yapi Kredi – sottolineano gli analisti di Geneve Invest – sono crollate ad agosto, quando gli investitori hanno capito che l’istituto, con uno dei più bassi coefficienti patrimoniali in Turchia e un’elevata esposizione ai settori immobiliare ed energetico, sarebbe andato in sofferenza molto rapidamente”.

Il sistema bancario turco paga oggi, oltre all’inflazione galoppante, l’enorme debito finanziario nei confronti dell’estero e la scarsa credibilità di cui gode la sua banca centrale.

“La Turchia ha finanziato la sua crescita attraverso un meccanismo di credito che ha visto centinaia di società indebitarsi pesantemente in dollari – continuano ancora gli esperti finanziari di Geneve Invest – “con l’approssimarsi delle scadenze per i rimborsi, in molti non riusciranno a far fronte alle passività e i crediti inesigibili che ne deriveranno si rifletteranno prima nei bilanci di Yapi Kredi e alla fine potrebbero colpire UniCredit: questo, al momento, è purtroppo lo scenario più plausibile”.