Mutui subprime, cosa li caratterizza?

Mutui Subprime

Quando andiamo in banca a chiedere una somma di denaro a titolo di prestito, la prima cosa che fa la banca è verificare la nostra capacità di far fede ai pagamenti dovuti, aprendo un’istruttoria di fido. Se il mutuo è per l’acquisto della casa, oltre alle normali garanzie viene richiesto anche di iscrivere un’ipoteca sull’abitazione in modo tale che la banca sia certa della nostra solvibilità. Se il cliente offre garanzie sufficienti rientra nella categoria prime. Un mutuo prime è quindi un finanziamento concesso ad una persona che secondo la banca non troverà grossi problemi nel pagare con puntualità le rate. La definizione di mutuo subprime deriva direttamente da quella di mutuo prime: un mutuo subprime si ha quando la parte debitrice è caratterizzata da un livello di rischio più alto di quello dei normali clienti.

Quali elementi li caratterizzano?

Rientrano nella categoria subprime coloro che:

  • negli ultimi 12 mesi hanno pagato la rata con un ritardo di 30 giorni;
  • negli ultimi 36 mesi hanno pagato con un ritardo di 60 giorni;
  • sono andati in bancarotta negli ultimi 5 anni;
  • negli ultimi 24 mesi sono risultati insolventi su un mutuo;
  • hanno in generale alte probabilità di risultare inadempienti, magari perché il punteggio che gli è attribuito dalla banca è inferiore a 620 su 850 (detto credit score e calcolato in base a vari parametri quali il reddito, il tipo di contratto, i debiti già contratti etc…).

Ai mutui subprime, visto che il livello di rischio è più alto, la banca applica tassi di interesse più alti. Deve poi essere sottolineato che i mutui di tipo subprime sono solitamente mutui a tasso variabile e quindi esposti ai movimenti dei mercati finanziari.

I debiti subprime sono nati per rendere accessibile il mercato del credito a chi prima ne era tagliato fuori. Se nel 1993 i finanziamenti di tipo subprime ammontavano in tutto a 33 miliardi di dollari,
vediamo che nel corso degli anni la crescita è stata esponenziale, toccando i 332 miliardi nel 2003 e arrivando ai 1300 miliardi nel dicembre 2007. Una crescita spinta dalle banche, le quali lucravano
sugli alti interessi (in alcuni casi anche il 25% annuo) e accettata da un’economia, quella americana, sempre più poggiata sui consumi e sul crescente indebitamento dei cittadini.

In Italia, grazie ad una maggiore prudenza di banche e risparmiatori, il fenomeno subprime ha consistenza estremamente inferiori, tanto che si è iniziato a parlare di mutui ad alto rischio di insolvenza solo negli ultimi anni. Le ultime stime indicano che i mutui a rischio default (rischio che non vengano pagate le rate) in Italia ammontano al 2% del totale.

I mutui subprime sono divenuti celeberrimi nel corso dello scorso anno con lo scoppio della crisi. Essa ha radici nella pratica delle banche di cartolarizzare i mutui subprime, trasformandoli quindi in strumenti di investimento ad alto rischio che venivano venduti ad investitori attratti dagli alti rendimenti. Accanto a questa pratica c’è stata una scorretta valutazione del rischio. Se il cliente della banca avesse smesso di pagare le rate del mutuo il danno si sarebbe materializzato sui titoli che incorporavano questo rischio e che si trovavano nei portafogli degli investitori. Questo è iniziato ad accadere nel 2007, quando negli USA i tassi di interesse sono aumentati rendendo ancora più alte le rate da pagare. Una percentuale sempre più significativa di mutuatari si è trovata arresa e ha smesso di pagare. Come conseguenza gli investitori (spesso banche) si sono trovati in portafoglio titoli che equivalevano a carta straccia e sono arrivate le prime svalutazioni.

In che modo i mutui subprime hanno influito negativamente sull’economia USA causando una  crisi sistemica?

Se nel 1993 i mutui subprime rappresentavano una parte microscopica di tutti i mutui USA, a dicembre 2007 costituivano circa il 25% di tutti i finanziamenti erogati per l’acquisto di una abitazione: migliaia di miliardi di dollari. La crescita del fenomeno subprime ha quindi alimentato anche la parallela crescita dei prezzi delle case a cui abbiamo assistito fino al 2006. In meno di un decennio i prezzi delle abitazioni USA sono aumentati in media del 124%. Importante poi il fatto che la maggior parte dei mutui subprime erano stipulati con tassi variabili; quando la Fed ha iniziato ad aumentare i tassi in modo significativo, per mutuatari è stato sempre più difficile pagare le rate e si sono verificati i primi pignoramenti. I tassi di interesse più alti e il progressivo aumento dei pignoramenti hanno dato un duro colpo al mercato immobiliare e così le cose sono iniziate a peggiorare ulteriormente. I prezzi delle case sono scesi drasticamente e questo ha colpito duramente la ricchezza dei cittadini americani i quali, danneggiati anche dalla forte inflazioni, hanno ridotto i propri consumi.

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