Fuga di cervelli: ISSNAF promuove scambio di conoscenze tra Europa e America

Spesso ne sentiamo parlare, cosa si intende per fuga di cervelli? Essa rappresenta propriamente il fenomeno dell’emigrazione, verso paesi stranieri, di persone ad alta specializzazione professionale, ovvero il cosiddetto capitale umano. Quando ebbe inizio questo fenomeno? La prima stagione fu quella associata alla seconda guerra mondiale, quando a causa delle leggi razziali del 1938 l’Italia perse molti cervelli. I nomi tantissimi, tra i più popolari: Enrico Fermi, Bruno Rossi. Da Torino subito dopo la guerra partirono tre giovani biologi, allievi di Giuseppe Levi, destinati a vincere, negli Usa, altrettanti premi Nobel : Salvatore Luria, Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini. Dopo la guerra iniziò una breve stagione di rinascita, durante la quale molti scienziati italiani partivano, ma molti scienziati stranieri venivano nel nostro paese: il premio Nobel inglese Boris Chain e lo svizzero Daniel Bovet, che otterrà il Nobel per attività di ricerca svolte in Italia.

Da allora l’Europa è la più grande “fabbrica di cervelli” del mondo. Essa continua oggi a produrre più laureati nelle discipline scientifiche e tecnologiche che gli Stati Uniti e il Giappone. Tuttavia, oggi le migliori eccellenze prendono la via per gli Usa, e quasi mai tornano a casa, preferendo continuare la carriera in America, dove chi ha talento viene davvero premiato. L ‘Università italiana forma giovani aspiranti ricercatori che la stessa Università, gli Enti pubblici di ricerca e, soprattutto, l’industria non riescono ad assorbire. Per questa ragione, i nostri scienziati preferiscono partire all’estero.


Il 4 febbraio, l’Ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Giovanni Castellaneta, ha aperto i lavori della prima riunione nazionale di ISSNAF (Italian Scientists and Scholars in North America Foundation) presso l’Ambasciata a Washington, che ha visto la partecipazione di oltre 100 scienziati ed accademici italiani provenienti da tutti gli Stati Uniti. Secondo Castellaneta, la fuga dei cervelli” non è necessariamente una fuga senza ritorno e può anzi creare un circuito virtuoso che promuova lo scambio di informazioni e di conoscenze tra America ed Europa. In quest’ottica sono state approvate la messa in atto di varie iniziative, alcune delle quali: promuovere gli scambi bilaterali tra Italia e Nord America attraverso la raccolta di fondi da destinare a borse, promuovere iniziative che favoriscano l’accesso da parte di industrie italiane al patrimonio di conoscenza tecnico scientifica disponibile in Nord America, redigere un documento annuale sullo stato della scienza e della ricerca in Italia che rifletta le opinioni dei membri della Fondazione. Si avrà in questo modo un inversione o almeno un rallentamento della tendenza? O forse l’Italia riuscirà perlomeno a trarre vantaggio dalla ricerca italiana in Usa? Può essere, ma l’idea che i nostri giovani debbano trovare altri luoghi di realizzazione professionale è molto triste.
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