In Sicilia rivolta degli autotrasportatori contro il caro gasolio

 Alla stessa stregua di quanto avvenuto in Nigeria, sembra che altri gruppi si stiano organizzando per esprimere il proprio dissenso rispetto al caro carburanti. Da quando il 1° gennaio 2012 il Presidente Goodluck ha annunciato l’eliminazione delle sovvenzioni per il carburante (con conseguente aumento del prezzo della benzina) le proteste in varie città non si sono fatte attendere: a Lagos, Abuja, Port Harcourt, ma anche in luoghi più anonimi, tra cui Abeokuta, Benin City. Dopo queste proteste il governo ha ha preso provvedimenti, ha ridotto i prezzi e ha sottolineato che continuerà verso la completa liberalizzazione del settore petrolifero. Date le difficoltà subite dai nigeriani, come sottolineato dal presidente, il governo ha approvato la riduzione del 30 per cento del prezzo della benzina.

Dalla Nigeria spostiamoci nell’isola siciliana: annunciate come le «Cinque giornate di Sicilia», dei gruppi spontanei di protesta hanno unito autotrasportatori, agricoltori e pescatori, edili e disoccupati. Posti di blocco ovunque, manifestazioni, lungo la Statale Palermo-Sciacca è stato interrotto il transito delle auto. La protesta, che viaggia anche su Facebook e su altri social network, viene chiamata anche “operazione vespri siciliani” ed è lanciata da un certo “movimento dei forconi” e dai trasportatori dell’Aias: la lamentela si concretizza tramite l’organizzazione di un centinaio di presìdi nell’isola e sembra che si continuerà per altri giorni.

Facebook é il luogo virtuale dove i manifestanti fanno sentire la propria voce sottolineando che queste proteste non vogliono interventi settoriali: lo scopo é che questa classe politica “si dimetta e vada a casa”. Tasse, aumenti, prezzi che superano i limiti: l’ulteriore aumento del prezzo della benzina ha prodotto ormai un disavanzo sproporzionato che nei fatti determina un vero problema per vari settori, i prezzi devono salire e non possono più essere concorrenziali, soprattutto per quanto riguarda i prodotti agricoli italiani a discapito di quelli importati da paesi esteri.

 

 

 

 

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