Piazza Affari: il close settimanale

 Il listino è più che mai contrastato; la mente ci riporta alle fasi discendenti del 2007 e del 2008, quando gli investitori mediavano sulla fiducia ed il mercato da oltre 44000 punti è sceso fino a sfiorare i 12000 punti nel Marzo 2009, per poi girare la tendenza di lungo periodo a favore dei compratori.

La positività è durata fino all’inizio del 2010, quando il Mib ha cominciato una fase laterale messa in discussione poche volte; la vera svolta è arrivata a Maggio con l’inizio di una discesa dopo un top relativo discendente sul grafico settimanale che ha indicato il sell agli operatori. La possibilità di tornare così vicini a 14000 punti non era stata presa in considerazione al momento ma chi ha seguito il Mercato con i trailing stop non ha avuto problemi ad arrivare ai 14800 punti attuali visto che di ritracciamenti non ne abbiamo visti.

Il passaggio sotto al supporto statico dei 14610 punti sembra un ulteriore segnale negativo, anche se la valenza della statica ormai è prossima allo zero. Da controllare invece la resistenza a 16000, che nel breve periodo indicherà la ripresa delle quotazioni almeno fino ai 18000. L’ipotesi che la discesa possa continuare oltre per superare anche il bottom di Marzo 2009 a 12332 punti non è ancora del tutto da escludere, ma i segnali di un’eventuale accelerazione ribassista arriveranno dall’Eurostoxx che al momento è più preciso nelle fasi di down-trend.

Tra le azioni premiate dagli investitori nell’ultima settimana di contrattazioni abbiamo Acea con un +8.19% da Venerdì scorso, Damiani 8.14% e Prysmian che ha guadagnato il 7.61%. Bene anche Seat PG con il 7.19% di guadagno. Magna nera invece a Cogeme Set che perde il 12% anche se l’interesse della lista “rossa” è orientato verso Fondiaria Sai che cede il 6.30% in una settimana. Male anche Banco Popolare (-4.67%) e Stefanel con un -4.38%. Sui più scambiati spicca in cima alla lista Unicredit appena sopra a Intesa Sanpaolo. A seguire Telecom Italia, Enel e Fiat nell’ordine, con Eni al 6° posto; neanche la Guerra in Libia è riuscita a spostare l’interesse dal settore Bancario.

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