E’ già tutto finito tra la Roma e George Soros?

Pare che questa settimana sarà quella cruciale per capire se quella di Soros era pura curiosità o se c’è davvero la possibilità che il magnate di origini ungheresi acquisisca la squadra giallorossa. Durante la settimana la Italpetroli, ha smentito con un comunicato stampa di avere ricevuto una qualche offerta ufficiale dagli advisor di Soros, mentre secondo le indiscrezioni un’offerta non ancora formale c’era stata: si parla di una cifra tra i 260 e i 280 milioni, 190 per la quota in mano alla famiglia Sensi, ed il resto per lanciare un’opa. L’ipotesi di un’offerta dagli arabi è stata prontamente smentita, ma ha contribuito a raffreddare un po’ il magnate statunitense.

Unicredit nel frattempo, essendo creditrice di 350 milioni di euro spinge per la cessione ed ha più volte invitato la famiglia Sensi ad agire in questa direzione. Le voci e le dichiarazioni si sono comunque attenuate dopo che una Consob decisamente indispettita aveva sottolineato come tali indiscrezioni andassero contro gli interessi dei piccoli investitori.

La Roma nel mese di marzo è risultata essere in attivo per 29,3 milioni di euro, con una crescita dei 13,2 milioni rispetto al mese di febbraio. La partecipazione alla Champions League, i ricavi dei biglietti dello stadio ed il pagamento della quarta rata dei diritti televisivi hanno aumentato la liquidità nelle casse della Roma.


C’è anche chi ipotizza che, a prescindere da una offerta ufficiale o meno di Soros, la famiglia Sensi potrebbe scegliere di tenere la Roma, che ha una posizione finanziaria all’attivo e cedere gli asset del porto di Civitavecchia. Il settore petrolifero rappresenta il cuore dell’impero dei Sensi, ma pur di mantenere la proprietà della Roma potrebbe rinunciare ad una parte di esso.

Il porto di Civitavecchia, con i suoi depositi di prodotti petroliferi, è valutato circa 110 milioni ma il debito con Unicredit in qualche modo va appianato: se la Roma non sarà ceduta toccherà a qualche altro asset, Civitavecchia tra i più nominati.

Ma perchè rinunciare ad un asset come quello di Civitavecchia, cuore della Italpetroli? Innanzitutto la famiglia Sensi punta a costruire uno stadio di proprietà quanto prima, cosicchè esso possa essere fonte costante di entrate. In secondo luogo dopotutto non sarebbe la prima volta che la famiglia Sensi si “spoglia” di terreni, asset e società per mantenere in vita la Roma. Sicuri che il cuore sia nei depositi di petrolio?

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