Italia vive peggiore crisi della storia

 Il dramma della doppia recessione (o double dip) che sta vivendo l’Italia continua a fare danni ogni giorno di più, tanto che ormai si può parlare della crisi peggiore della storia. Secondo Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel e vicepresidente del Centro studi di Confindustria, l’Italia sta vivendo la peggiore crisi economica dal secondo dopoguerra, ma era in crisi già primo dello scoppio della crisi. Il pil è diminuito di oltre l’8% dal 2007 a oggi, i consumi sono tornati ai livelli del ’97, 70mila aziende manifatturiere hanno chiuso i battenti.

Ma non finisce qui. I numeri sono inquietanti anche attraverso altre letture. La disoccupazione ha raggiunto livelli record, con la perdita di 1,4 milioni di posti di lavoro, la produzione industriale è diminuita di un quarto dal 2008, il potere d’acquisto delle famiglie è su livelli minimi e la propensione al risparmio è sui livelli più bassi dal 1990. Inoltre, le compravendite di case sono tornate ai livelli degli anni ’80. Secondo Luca Paolazzi di CsC serve una terapida d’urto per tornare a crescere del 3% nel 2017 e nel 2018.

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La nuova fase di recessione si è innescata in un sistema-paese già messo a dura prova dalla bassa crescita, che ha messo in evidenza tutti i limiti strutturali degli ultimi 20-30 anni. Secondo Fulvio Conti, ad di Enel, c’è la possibilità di reagire come accadde ad esempio alla Germania nel 2000. Il valore aggiunto del paese resta il settore manifatturiero, il secondo più grande in Europa dopo i tedeschi. E’ da qui che bisognerebbe ripartire, tagliando l’Irap e il costo del lavoro.

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La crescita in Italia si è fermata nei primi anni Duemila. Il paese ha perso terreno in termini di produttività, competitività, innovazione e conoscenza, mentre altri paesi emergenti crescevano a ritmi impressionanti. Dopo la crescita dello 0,4% medio annuo nel decennio concluso nel 2010, le proiezioni attuali sono di una crescita zero al 2020 e di una crescita dello 0,5% al 2030: si tratta di ritmi talmente negativi che non si vedevano dal decennio 1910-1920. C’è la necessità impellentee di fermare il declino, partendo innanzitutto dalla risoluzione della crisi politico-istituzionale. Il tempo stringe, bisogna far presto per evitare il baratro.

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