MPS, Unicredit rompe le trattative. E ora?

Unicredit si tira fuori dalle trattative per l’acquisizione di Monte Paschi di Siena, lasciando il Ministero delle Finanze a dover decidere il da farsi per dare vita alla cessione richiesta dagli accordi presi con la Commissione Europea.

Fine improvvisa delle trattative

Una fine così improvvisa non sembrava essere nell’aria sebbene, forse, qualche avvisaglia poteva essere colta. In fin dei conti non vi era molta convinzione da parte di nessuno nel voler pagare i sette miliardi di euro chiesti dal Ceo di Unicredit, Andrea Orcel, per prendersi le parti migliori di MPS. Secondo ciò che la banca milanese avrebbe voluto fare, allo Stato sarebbero rimasti esuberi da affrontare, crediti non esigibili e una situazione di difficile gestione.

Non per niente si pensa ancora una volta a una possibile nazionalizzazione tra le varie ipotesi da prendere in considerazione. Di certo al momento quel che è sicuro è che vi sia molta confusione e che le strade percorribili al momento siano due: rimettersi nell’immediato sul mercato o continuare con la gestione pubblica della banca. In quest’ultimo caso però il Ministero delle Finanze deve chiarire la sua situazione con Bruxelles, sebbene in un comunicato, qualche ora fa, abbia mostrato sicurezza per ciò che concerne l’ottenimento di una possibile proroga per quel che riguarda la cessione di MPS.

Bisogna quindi prendere delle decisioni importanti e farlo in fretta, senza adagiarsi.

Si propende per rimessa sul mercato della banca

La politica, dal canto suo, potrebbe avere un peso rilevante su quella che sarà la strada da percorrere, sebbene da quel che si evince dalle prime dichiarazioni sia Pd che Movimento 5 stelle, al quale la nazionalizzazione non dispiacerebbe, punterebbero per ora su un nuovo tentativo di vendita. “C’è bisogno di avere più opzioni in campo” ha spiegato il  segretario del Pd Enrico Letta a Fabio Fazio su Rai Tre. “Da adesso in poi sono sicuro che ci saranno più opzioni. Anche perché ho l’impressione che Unicredit“, ha sottolineato, “pensasse di partecipare a una svendita e invece il Ministro del Tesoro è stato corretto, aveva preso impegni di valorizzazione del grande patrimonio di esperienza e legame con il territorio che lì dentro c’è“.

A prescindere dalle diverse posizioni prese, nessun politico ha commentato il reale fulcro della questione: i costi dell’operazione. Per quale ragione una banca o una cordata dovrebbero poter accettare o richiedere delle condizioni meno favorevoli per comprare Monte Paschi di Siena? E in caso di potenziale nazionalizzazione, dove potrebbe il MEF trovare i soldi per acquistare il 36% del capitale che non detiene?