Eurozona unita a tutti i costi

 Povertà mai sperimentata prima. È questa la previsione che ha formulato il ministro delle finanze greco, Yannis Stournaras, a chi gli domandava cosa sarebbe accaduto in caso di uscita della Grecia dall’Eurozona. Una profezia tetra, accompagnata dalla conseguente affermazione secondo la quale occorrerà fare tutto quanto è possibile per “rimanere sotto l’ombrello dell’euro”, considerato – appunto – l’unico salvataggio se il Paese non vuole affrontare una povertà record, che gli ateniesi non hanno mai provato nella loro storia.

Le parole drammatiche del ministro delle finanze giungono come anticamera di una settimana fitta di incontri tra il governo di Atene e i vertici europei. Incontri che dovranno servire a convincere gli esponenti del vecchio Continente che la Grecia sta facendo quanto in sua possibilità per rispettare il programma, facendo altresì un cenno non certo rapido alla possibilità che Atene possa ottenere una dilazione di due anni  nella realizzazione dello stesso piano.

Proprio quest’ultima ipotesi ha tuttavia già incontrato la forte opposizione di Berlino, con i rappresentanti tedeschi che non sembrano propensi a concedere nuovi aiuti ad Atene, oltre a quelli – invero ben rilevanti – già adottati. Secondo quanto afferma il settimanale Der Spiegel, i governanti ellenici starebbero “bluffando”, poiché nonostante i due piani di salvataggio e tutti i tagli finora compiuti, al governo di Atene mancherebbero ancora 14 miliardi di euro, e non 11,5 miliardi di euro come previsto finora. Insomma, ancora una volta la Grecia è fuori dal target, già rivisto più volte (con conseguente deterioramento dei giudizi: S&P ribassa outlook Grecia).

Pur senza citare la Grecia, il ministro dell’Economia tedesco, Philipp Roesler, ha dichiarato: “Chiunque attui una decisiva politica di riforme, ottiene la solidarietà europea. Chi non rispetta le regole e rompe gli accordi siglati non può attendersi aiuti finanziari. L’Europa e l’euro non possono fallire per colpa di chi blocca le riforme”. Una dichiarazione che suona molto come una sentenza definitiva sulla sorte della Grecia.

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