La rivincita delle banche giapponesi: a Mitsubishi il 20% di Morgan Stanley, a Nomura pezzi di Lehman. Goldman si accorda con Buffet

 Non si placa il flusso di notizie intorno a Morgan Stanley e Goldman Sachs. Le due banche d’affari sono di nuovo sotto i riflettori, dopo essere state protagoniste lunedì di un intervento della FED che le ha trasformate da banche d’affari in holding di banche. Il ciclone che la settimana scorsa ha travolto le banche d’affari americane potrebbe portare altri sconvolgimenti, ma se sette giorni fa si parlava di fallimento, adesso si parla solo di alleanze importanti con società giapponesi. Spunta poi il nome di Warren Buffet per Goldman Sachs.

Ma andiamo con ordine. Lehman Brothers è fallita per l’impossibilità di reperire la liquidità necessaria a far fronte ai pagamenti. Merril Lynch per un motivo simile ha accettato di entrare a far parte di Bank of America. Quello che si è capito è che il modello di banca d’affari che si era affermato negli ultimi decenni non è sufficientemente stabile e che è necessario riuscire a trovare fonti di liquidità meno rischiose: i depositi. Una base consistente di depositi riesce infatti a coprire le spalle alla banca, la quale riesce quindi a sopravvivere nonostante le condizioni avverse del mercato monetario. La stampa si è quindi subito interrogata su quelle che sarebbero state le mosse di Morgan Stanley e Goldman Sachs in merito ad eventuali alleanze con banche retail (ricche di depositi e meno esposte ad attività ad alto rischio). In particolare Morgan Stanley è stata data come vicinissima a Wachovia. Poi però è arrivata la trasformazione in holding di banche ed è quindi venuta meno l’urgenza di trovare un alleato forte con cui fondersi perché da adesso i depositi possono cercarseli anche da sole (evidenziamo inoltre che non sono più obbligate a valutare gli assets a prezzo di mercato, quindi sarà più difficile assistere a nuove svalutazioni).

La situazione attuale non è tuttavia definitiva. Da una parte Goldman Sachs ha dichiarato che non porterà avanti fusioni con grandi società, lasciando capire che cercherà di acquistare assets (depositi) sul mercato o al massimo comprerà banche regionali di piccole dimensioni. In mattinata è arrivata la notizia di un accordo con Warren Buffet: il secondo uomo più ricco d’america comprerà azioni speciali per 5 miliardi di dollari e warrant per comprare altri 5 miliardi di dollari di azioni ad un prezzo fissato di 115$ ciascuna (adesso il titolo è a quota 126$). Goldman Sachs portera poi avanti un aumento di capitale da 2,5 miliardi e già che verrà probabilmente sottoscritto in buona parte da  Sumitomo Mitsui Financial Group, la terza banca giapponese. L’obiettivo resta quello di abbassare la rischiosità media dell’attività in modo da andare incontro ad un mercato azionario spaventato dal rischio.  Morgan Stanley ha invece optato per un accordo con Mitsubishi UFJ Financial: la prima banca giapponese acquisirà il 20% di Morgan Stanley versando nelle casse della società americana 8,5 miliardi di dollari.

Questa notizia acquista ancora più rilevanza se pensiamo che Nomura, altra grande banca giapponese, sborserà più di 500 milioni per le attività di Lehman Brothers in Asia, Europa e Medio Oriente. Sembra quindi una rivincita del sistema giapponese, messo in ginocchio meno di 10 anni fa da una crisi economica. In molti poi fanno notare le differenze tra la gestione delle banche di affari americane e quelle giapponesi: le prime protese al rischio con l’obiettivo di massimizzare gli utili, le seconde più attente e caute.

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