Dolce e Gabbana a giudizio per evasione fiscale

 Non accenna ad attenuarsi la tensione tra Dolce & Gabbana, uno dei brand della moda internazionale più noti, e la procura di Milano. Dopo un primo giudizio sostanzialmente positivo per la coppia di stilisti (che erano stati assolti), si profila un secondo tempo meno agevole e dall’esito più incerto. I due stilisti dovranno infatti andare a processo, rispondendo delle accuse di aver spostato all’estero i marchi per incassare le royalties senza pagare le tasse.

La procura ha altresì rincarato la dose sostenendo l’ipotesi di una falsa compravendita dei marchi, che sarebbe avvenuta a valori sostanzialmente inferiori rispetto al reale, al fine di diminuire l’impatto del fisco. Le contestazioni erano quelle di truffa ai danni dello Stato e dichiarazione infedele. Anche se la Cassazione ha fatto cadere il primo dei due reati, ad esser rimasto in piedi è stato il secondo: quanto sufficiente per lanciare un nuovo processo.

Apple evade il fisco?

 La notizia arriva direttamente dal New York Times, che accende i riflettori sulla più importante azienda a livello mondiale, oltre che l’unica ad aver battuto ogni primato sulla crescita e sulla diffusione. Molto probabilmente da oggi il classico modo di dire “azienda di Cupertino”, con chiaro riferimento alla Mela più famosa del Mondo, non avrà più molto senso per chi ha a cuore le finanze dello stato e la moralità dietro le posizioni fiscali dei grandi attori del mercato.

Sembra infatti che anche se la sede storica sia proprio a Cupertino, come tutti gli appassionati dei prodotti Apple sanno, le sedi legali sono in tutt’altro luogo e non vi sono state messe per puro caso. La pratica di sfruttare regimi fiscali “meno presenti” non sfocia per forza nell’illegalità ed il sistema finanziario ed economico mondiale permette anche soluzioni perfettamente legali per raggirare il fisco e risparmiare diversi milioni di dollari di tasse.

Accordi tra Italia e Svizzera per tassare i capitali

 Se la Svizzera è uno degli Stati storicamente più stabili dal punto di vista finanziario (e non solo) lo si deve anche e sopratutto alle giuste scelte effettuate negli anni per quanto riguarda il settore bancario; la grande “discrezione” se così vogliamo chiamarla che contraddistingue la Confederazione Elvetica insieme a decisioni tempestive che seguono gli sviluppi della finanza hanno fatto della Svizzera una delle roccaforti preferite da tutta l’Unione Europea. 

Numeri dell’evasione fiscale in Italia

 L’evasione fiscale indica il comportamento dei contribuenti volto a ridurre o eliminare il prelievo fiscale imposto dal proprio Paese attraverso opportune norme: chi evade il fisco infatti vìola delle specifiche norme fiscali solitamente attraverso operazioni di vendita effettuate senza emissione di fattura, ricevuta o scontrino fiscale. Stiamo parlando delle cosiddette vendite in nero, che vanno dal semplice caffè al bar alle più consistenti compravendite di beni e soprattutto servizi. L’evasione fiscale si concretizza anche attraverso false dichiarazioni dei redditi con conseguente mancata o errata dichiarazione fiscale al quale segue quindi un mancato versamento dell’imposta, solitamente corrisposta in somma inferiore.

Fisco: Agenzia Entrate, spot sull’evasore parassita

 Caccia all’evasore parassita. Stavolta l’Amministrazione finanziaria dello Stato per la lotta all’evasione ha pensato ad una campagna di comunicazione per sensibilizzare i cittadini sul fatto che bisogna dire stop a chi vive a spese degli altri. Ed allora ecco che, con tanto di spot televisivi, e comunicati radio, il Fisco, assieme al MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha deciso di diffondere il messaggio secondo cui “chi evade le tasse è un parassita sociale“.

Evasione: Cgia Mestre, analisi Tavolo fiscale opinabile

 In base a quanto emerso in un Rapporto in sede di Tavolo fiscale, in Italia ad evadere di più sarebbero gli autonomi ed i proprietari di immobili. Al riguardo però la Cgia di Mestre parla di risultati “obbiettivamente poco attendibili”, ma anche di un’analisi che “può essere opinabile” in quanto realizzata sulla base di un campione di 8.000 famiglie sparse su tutto il territorio nazionale. Oltre all’esiguità del campione c’è anche da dire che non sempre a partecipare all’indagine sono stati i titolari di redditi all’interno della famiglia.