È scontro tra Pd e Pdl sul piano degli immobili proposto dal governo

 Il premier Silvio Berlusconi ha assegnato due peculiarità al piano sulla casa che il governo sta approntando in questi giorni, dopo le proposte avanzate dalle regioni Veneto e Sardegna: tale piano è infatti destinato ad essere di stimolo al settore edile e a fornire la massima sicurezza per quanto riguarda il rischio di abuso. L’iniziativa governativa dovrebbe far aumentare di circa il 20% la volumetria degli edifici, oppure far ricostruire i palazzi con più di 20 anni di vita. È lo stesso Berlusconi a spiegare quali sono gli intenti principali del piano:

Vogliamo dare la possibilità a chi possiede un’abitazione e ha ampliato la famiglia di aggiungere una o due stanze o dei bagni con servizi.


Ora il governo dovrà confrontarsi con le regioni e gli enti locali; le regioni devono infatti valutare con attenzione il piano, mentre gli enti avranno il compito di dare le autorizzazioni necessarie per fissare eventuali “paletti”. Per spiegare in maniera più dettagliata questo progetto, possiamo anzitutto dire che due sono gli interventi principali: si potrà infatti aumentare del 20% il volume o la superficie di un immobile che è stato costruito entro il 31 dicembre 2008 e, dall’altro lato, come già accennato, gli edifici costruiti prima del 1989, i quali necessitano di essere adeguati ai nuovi standard architettonici e tecnologici, possono essere abbattuti e ricostruiti. Tra l’altro, il governo potrebbe anche usare la leva fiscale per dare maggiore diffusione al piano.

Di fronte all’entusiasmo del governo e dei partiti di maggioranza riguardo a tali argomenti, il Pd esprime la sua preoccupazione e boccia senza attenuanti tutto il progetto: Dario Franceschini, segretario del Pd, parla di “cementificazione del paese”, mentre Ermete Realacci ritiene le norme “confuse e pericolose”. Anche alcuni governatori delle regioni, tra i principali interlocutori del governo per questo piano, si sono detti contrari. Tra di essi, Maria Rita Lorenzetti e Agazio Loiero, governatori di Umbria e Calabria, hanno mostrato il loro dissenso.

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