Mediaset rating ridotto da Deutsche Bank a hold

Torna sotto i 2 euro il titolo Mediaset, che a Piazza Affari arretra dell’1,64% a 1,985 euro. A pesare sulle azioni della società televisiva di Cologno Monzese è la riduzione del rating da parte di Deutsche Bank, che solo un mese fa aveva promosso il titolo. La banca tedesca ha portato la sua raccomandazione a “hold” (tenere le azioni in portafoglio), mentre il precedente giudizio era “buy” (comprare le azioni). Il downgrade ha pesato molto sul titolo soprattutto a inizio seduta, provocando una repentina discesa fino a 1,933 euro.

Mediaset rating e target price alzati da Credit Suisse

Exploit per il titolo Mediaset alla borsa di Milano, dopo alcuni giorni di correzione a seguito del rally spettacolare delle ultime settimane. Il titolo del Biscione è il più acquistato tra le azioni che compongono l’indice azionario principale milanese. Attualmente alla borsa di Milano il titolo Mediaset guadagna il 7,6% a 1,883 euro, ma i prezzi hanno anche toccato un massimo intraday a 1,904 euro. A mettere il turbo al titolo è stata la promozione ricevuta da Credit Suisse, che ha deciso di incrementare sia il rating che il target price.

Mediaset raccolta pubblicitaria ancora deludente

Continua a deludere la raccolta pubblicitaria di Mediaset, che risente dell’andamento complessivo del comparto. L’azienda ha vissuto un’ultima settimana di dicembre particolarmente instabile, prestando il fianco agli effetti dei risultati preliminari relativi agli introiti promozionali. Complessivamente, il 2012 si chiude in maniera sicuramente negativa per la capitalizzazione di mercato dell’azienda, generando aspettative per un 2013 non certo brillante.

Mediaset vende pubblicità online in Spagna

Mediaset Espana, controllata di Mediaset, ha deliberato di creare una nuova filiale – denominata Adlive – al fine di offrire uno spazio web agli inserzionisti.  Sulla base del meccanismo di operatività della divisione, il tempo della pubblicità televisiva verrà utilizzato per trasmettere una specifica pubblicità anche sulla rete. In tal modo la società auspica di ottenere un maggiore flessibilità e una più ampia gamma di pubblicità, come i contenuti di marca, i trailers, i giochi e tanto altro ancora. Servirà per ribaltare una tendenza non favorevole?

Mediaset, crollo degli spot tv

 Prime difficoltà del nuovo anno per Mediaset. Stando a quanto comunicato dalla società, infatti, gli spot tv sarebbero diminuiti dell’8,1%, andando in tal modo a inficiare la raccolta pubblicitaria. Ne consegue la distribuzione a Fininvest di dividendi significativamente inferiori rispetto a quanto effettuato lo scorso anno (45 milioni di euro contro i precedenti 150 milioni di euro) e il dover fare i conti con risultati negativi sul fronte della pay-tv, ancora in “rosso” per 68 milioni di euro.

La crisi della carta stampata Usa: Newseek a rischio chiusura?

 Se ne parla ormai da diverso tempo su quale potrà essere il futuro della carta stampata nel mondo sempre più tecnologico di oggi. E’, infatti, da almeno un lustro ormai che l’editoria tradizionale sembra caduta in una crisi di difficile comprensione e sopratutto soluzione. La diffusione di Internet e la sua informazione veloce, attraverso blog, quotidiani on line, chat room, forum, ha sicuramente rappresentato un punto di svolta per l’editoria tradizionale e la carta stampata. Le vendite infatti sono calate di anno in anno e con esse gli introiti pubblicitari, che sempre più vengono dirottati verso il mezzo internet o verso mezzi tradizionali ma di maggiore diffusione come televisione e radio. Ora questa crisi finanziaria sembra poter dare il colpo mortale ad un settore ormai boccheggiante. E’ notizia di qualche giorno fa delle gravissime difficoltà del Tribune, che edita testate storiche come il Chigago tribune e il Los Angels Times.

Espresso giù in borsa del 10%: è il crepuscolo degli dei per la carta stampata?

 Si sa quando l’economia ristagna e le crisi è ormai alle porte, uno dei primi comparti a soffrirne è quello della pubblicità. E a farne le spese sono perciò per primi i gruppi editoriali, come l’Espresso che ha perso ieri in Borsa il 10%. Le stime dellUpa (Utenti pubblicitari associati) mostrano, infatti, dati poco incoraggianti per il settore. Secondo le previsioni per il 2008 si avrà un incremento dello 0,5% rispetto al +3,4% di giugno. Particolarmente pesante, come dicevamo, la flessione della raccolta pubblicitaria per la carta stampata, stimata in calo del 3,5% rispetto al precedente +1,4%. Buona tenuta della televisione e della radio: +1,4% rispetto al precedente +1,6%, con una punta del -4,7% per i periodici; la televisione, per contro, crescerà di un modesto +1,4% e la radio avrà un trend positivo con una crescita del 4,2%. Sul 2009 l’Upa non si sbilancia, ma parla di “profonda incertezza” di fronte al deterioramento dell’economia.

Tormentone Yahoo

Continua incessante il tormentone Yahoo-Microsoft e le voci di rifiuti rilanci si rincorrono. Innanzitutto la risposta di Google: il colosso si è sentito ovviamente sfidato e ha chiamato in causa l’antitrust, aspettandosi un suo intervento nel caso la fusione vada in porto. Secondo Google, Microsoft trasferirebbe la logica del monopolio già applicata nei software anche nel mercato di Internet, cosa in contrasto con i principi base della rete. Nonostante i tentativi per impedire l’affare che sicuramente farà Google, gli esperti si sono detti sicuri che invece l’antitrust non avrà nulla da obiettare alla creazione di un secondo polo capace di costituire una vera alternativa per gli utenti e soprattutto per le aziende in cerca di pubblicità.

Nel frattempo il Financial Times ha parlato della possibilità che Yahoo tenti di fare resistenza, nel qual caso sembra che Microsoft avrebbe già pronto il rilancio. Il mercato pubblicitario in rete, con i suoi 40 miliardi di dollari di valore (che potrebbero diventare 80 nel 2010) rappresentano un boccone troppo appetitoso perché Microsoft ci rinunci così facilmente.

I 31 dollari ad azione offerti da Microsoft sono molti meno di quelli già offerti durante i negoziati dello scorso anno, poi bloccati da Terry Semel: a quel tempo si parlava di 43 dollari ad azione. Un eventuale rilancio sarebbe legato alla discesa in campo di ulteriori acquirenti, possibilità per il momento improbabile.