Anche la Bank of England sta tagliando i tassi di mercato, i quali sono ora al loro livello più basso da oltre mezzo secolo

 La Bank of England ha inaspettatamente tagliato i tassi di interesse di mercato di 1,5 punti percentuali: in tal modo gli stessi tassi hanno raggiunto il loro più basso livello dal 1955. Il provvedimento della banca britannica è stato dettato, come è avvenuto in casi analoghi recentemente, dal tentativo dei policy makers di limitare i danni causati dalla crisi bancaria. I nove membri facenti parte del Monetary Policy Committee, istituzione finanziaria guidata dal governatore Mervyn King, hanno portato il tasso bancario al 3%: tale tipo di operazione era comunque stata prevista da alcuni analisti economici.

 

Brian Hilliard, direttore della ricerca economica alla Societe Generale di Londra, si è così espresso:

Quello che è accaduto è assolutamente sbalorditivo e impressionante. Si è chiaramente compresa la situazione e si sta agendo di conseguenza.

Il brutto colpo subito dai mercati del credito ha lasciato la Gran Bretagna sul limite della sua prima recessione dal 1991, rendendo così necessari un salvataggio bancario di ben 50 miliardi di sterline (80 miliardi di dollari) da parte del governo, oltre a un taglio d’emergenza dei tassi di mezzo punto lo scorso 8 ottobre. Il primo ministro britannico Gordon Brown e la sua amministrazione hanno conseguentemente dovuto aumentare la pressione sulle banche commerciali, al fine di far accettare nel miglior maniera possibile le riduzioni dei tassi alle imprese e ai consumatori, già alle prese con gli alti costi del cibo e della benzina.

 

Con la crisi le vendite di quotidiani economici sono salite vertiginosamente, ma la raccolta pubblicitaria cala inesorabilmente

 La profonda crisi finanziaria in atto, alimentando sete di informazione in tempo reale ma anche desiderio di approfondimento su temi economici specifici, ha creato un’occasione senza precedenti per la stampa economica e per i siti web delle testate generaliste. Dall’inizio di settembre le vendite di quotidiani come Sole 24 Ore, Milano Finanza, Finanza Mercati e Libero con il suo inserto economico Libero Mercato sono aumentate in modo consistente. Questo effetto della crisi è reso ancora più evidente dall’esplosione dei ‘click’ registrati dai siti web delle stesse testate o dal ‘canale economia’ del Corriere.it – per non parlare di televisioni come la Cnbc, da sempre molto attente alla finanza.

Generalmente, quando l’economia va bene, la gente vuole
investire i propri risparmi: è allora che il pubblico delle testate come la nostra si allarga. Invece nelle fasi di mercato debole di solito perdiamo lettori,

ha spiegato a Reuters Alessandro Bompieri, direttore generale all’area editrice del Sole 24 Ore.

Scende anche il mercato USA: la fine della recessione non è vicina. I calcoli di Bloomberg

 Si è già spenta l’euforia portata sul mercato dall’elezione di Obama. Nell’ultima seduta di contrattazioni l’indice S&P 500 ha perso più del 5%, annullando quindi il +4,1% del giorno precedente. A spingere le vendite sono state le brutte notizie pubblicate in giornata, venute a ricordare che la recessione non è ancora passata. Secondo ADP Employer Services il mercato del lavoro USA ha perso a ottobre 157’000 unità (non accadeva dal 2002), mentre l’industria dei servizi si sta contraendo ad una velocità che non ha precedenti (stime dell’ Institute of Supply Management). In giornata poi si è espressa anche Meredith Whitney; l’analista di Oppenheimer che per prima ha previsto lo scoppio della crisi ha parlato ieri di un imminente calo del mercato dei prestiti ed in particolare del settore delle carte di credito. Sempre secondo Whitney le proposte di Obama in merito ai mutui potrebbero danneggiare le banche riducendone l’appetito per il rischio. Forte calo anche per il petrolio, sceso a 65 dollari al barile dai 70 di ieri.

Con la vittoria di Obama giù le borse europee ma per gli analisti il nuovo presidente farà bene alle Borse mondiali

Barack Obama ha vinto le presidenziali americane ed è il nuovo presiedente degli Stati Uniti d’America. Mentre le borse asiatiche hanno reagito positivamente alla vittoria del candidato democratico negli Usa, con gli indici che sono balzati ai massimi da tre settimane, sui mercati d’Europa prevale, invece, la debolezza con i maggiori titoli in forte calo (Francoforte -2,08%, Parigi -2,68%, Londra -2,47%). Anche a Milano Piazza Affari è negativa, con gli indici in ribasso di oltre l’1%. Nel dettaglio l’S&P/Mib perde l’1,15%, il Mibtel cede lo 0,86% e le All Stars sono in ribasso dell’1,14%.  A livello settoriale, soffrono soprattutto le banche con Intesa Sanpaolo che segna un -2,28%, Mediolanum che cala dell’1,18% e Unipol in discesa dello 0,29%. Seduta negativa anche per la borsa americana.

L’elezione di Obama porta ottimismo nelle piazze asiatiche: indici in rialzo e buone prestazioni delle principali società

 I titoli asiatici hanno immediatamente fatto rilevare dei rialzi generali all’annuncio dell’elezione di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti: la vittoria del candidato democratico ha infatti portato maggiore ottimismo per quanto riguarda le speranze di risollevare l’economia globale dalla crisi creditizia. Toyota Motor Co., la quale deve la maggior parte delle sue vendite al mercato nordamericano, ha guadagnato ben 10 punti percentuali: Obama si è infatti impegnato al versamento di 175 miliardi di dollari come stimolo ai settori economici.

 

L’indice MSCI Asia Pacific è in rialzo del 4,8% ed ha chiuso a quota 94,52 yen alla borsa di Tokyo: tutti i gruppi industriali più importanti sono in crescita e altri positivi effetti sono stati avvertiti dall’indice giapponese Nikkei 225 Stock Average (+4,5%). I principali mercati asiatici hanno aperto le contrattazioni col segno positivo: l’indice Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato 3,2 punti percentuali, guidato in particolare dalla società PCCW Ltd. di Richard Li, dopo che il miliardario e la China Network Communications Group Co. ha offerto 1,9 miliardi di dollari per il rilevamento di altri investitori.

 

Con la vittoria Obama finisce definitivamente l’era della deregulation economica di Greenspan,

 Il nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama potrebbe cambiare le regole finanziarie ereditate dall’era Greenspan, sostenuto da una solida maggioranza democratica al Congresso e dalla rabbia del popoloamericano per l’attuale crisi del sistema del credito. I sondaggi hanno mostrato che è stata l’economia il fattore decisivo per la vittoria di Obama sul repubblicano McCain, dando al nuovo presidente un chiaro mandato per realizzare quanto annunciato in campagna elettorale.

In un momento come questo, non possiamo affrontare altri quattro anni di incremento della spesa, tagli delle tasse indiscriminati o la totale mancanza di tutele regolamentari che lo stesso ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha ora giudicato un errore,

ha scritto Obama sul Wall Street Journal questa settimana.

Obama presidente: salgono i mercati, ma la situazione USA resta critica

 Le elezioni presidenziali portano forti rialzi anche a Wall Street. Ieri l’S&P 500 ha chiuso in rialzo del 4,1%, un rialzo del genere in concomitanza dell’elezione di un presidente non si era mai verificato da quando ha aperto il Nyse. La vittoria di Obama era data quasi per certa e quindi il mercato ha subito cercato di valutare il risultato politico. Da oggi presidenza e congresso tornano ad essere entrambi in mano ai democratici, sarà quindi più facile portare avanti una politica anti-crisi, senza gli scontri tra fazioni a cui abbiamo assistito durante il dibattito sul piano Paulson. Obama ha in mente un nuovo pacchetto da 175 miliardi di dollari a sostegno dell’economia: denaro che servirà a costruire nuove infrastrutture, a sostenere i soggetti più colpiti dalla crisi dei mutui, ad aiutare i produttori di automobili etc. Altre risposte però dovranno arrivare, a partire dalla crisi dei mercati (il cui sviluppo è ancora imprevedibile), dalle missioni militari e dalla crisi ambientale.

Istat: 7, 5 milioni i poveri in Italia nel 2007

Non sembra volersi sradicare la povertà in Italia. Secondo il rapporto dell’ Istat sulla povertà in Italia nel 2007, si trova in condizioni di povertà relativa circa l’11% delle famiglie residenti pari a  ben 2 milioni 653mila, con 20 mila famiglie in più rispetto all’anno 2006. Sono, quindi, 7 milioni 542 mila i poveri in Italia, pari al 12,8% della popolazione complessiva. Il fenomeno, che si è mantenuto stabile negli ultimi cinque anni, è maggiormente diffuso nelle regioni del Sud Italia dove si calcola che l’incidenza della povertà, circa il 22,5%, sia 4 volte superiore di quella registrata nel resto della penisola. Tra le regioni più colpite il primato spetta alla Sicilia e alla Basilicata con, rispettivamente, il 27,6% e 26,3%. Secondo i dati pubblicati dall’Istat, la povertà è più diffusa nelle famiglie numerose, con la presenza di tre o più figli, in particolare minorenni, ed inoltre, è legata a bassi livelli di istruzione, a bassi profili professionali e al mancato inserimento nel mercato del lavoro.

Prima perdita dal 2002 per Swiss Re a causa di errate scommesse sugli swap

 Swiss Reinsurance Co., una delle maggiori compagnie assicurative del mondo, ha fatto rilevare la sua prima perdita negli ultimi sei anni ed ha dovuto conseguentemente sospendere un programma di riacquisto di azioni, a seguito di scommesse sbagliate sugli swap creditizi. La società svizzera ha riportato un calo di circa il 5% alla borsa di Zurigo: la perdita totale del terzo trimestre del 2008 ammonta a 304 milioni di franchi svizzeri (259 milioni di dollari), dato non incoraggiante se confrontato col reddito netto ottenuto lo scorso anno (1,47 miliardi di franchi).

 

La stima media di otto analisti economici è stata di circa 150 milioni di franchi di profitto. Il comparto assicurativo è stato indebolito dalle persistenti perdite nei contratti venduti al fine di proteggere i clienti contro i declini dei titoli a reddito fisso: Swiss Re ha effettuato registrazioni per 289 milioni di franchi per quanto riguarda gli swap. Una situazione simile è stata vissuta dalla società statunitense American International Group Inc., che ha recentemente avuto bisogno di un prestito governativo di 85 miliardi di dollari al fine di porre un freno alla perdite sugli stessi prodotti.