Il consiglio di amministrazione dell’Eni ha deliberato la cessione di una quota pari al 29,9% di Snam alla Cassa depositi e prestiti. Una delibera che genera un’operazione dal controvalore pari a 3,51 miliardi di euro, con un importo di 3,47 euro per azione, equivalente alla media dei prezzi di mercato tra il 26 aprile e il 25 maggio, giorno dell’approvazione del decreto del presidente del consiglio dei ministri, che ha di fatto sancito la separazione della società che si occupa dei metanodotti dalla casa madre.
Il prezzo al quale è stata deliberata la cessione della quota Snam rappresenta un valore certamente superiore rispetto a quello di Borsa, dove Snam non è riuscita a salire oltre quota 3,2 euro. Il corrispettivo – si legge nella delibera – verrà pagato in tre parti: la prima al momento del closing (orientativamente, tra ottobre e fine 2012) per 1,76 miliardi di euro; la seconda entro il 31 dicembre 2012 per 879 milioni di euro; la terza entro il 31 maggio 2013 per ulteriori 879 milioni di euro.
Si fa molto più vicina la separazione di Eni da Snam. Il Tesoro – azionista di controllo di entrambe le parti – ha infatti scelto di prevedere la cessione, sul breve termine, di Snam Rete Gas alla Cassa Depositi e Prestiti. A dirlo è il presidente del consiglio dei ministri, che ha firmato un decreto che prevede i criteri, le condizioni e le modalità con le quali la società che gestisce i “tubi” verrà separata da Eni.
L’Eni sembra aver in mente una strategia ben precisa per incrementare la propria influenza in Confindustria. Dopo esser stato uno dei principali protagonisti della vittoria di Giorgio Squinzi come presidente dell’associazione degli Industriali, infatti, Eni ha sostanzialmente premuto affinchè Confindustria organizzasse un incontro ufficiale sul tema degli investimenti esteri in Italia, fissato per la giornata del 12 aprile, poco prima della comunicazione con la quale Squinzi formalizzerà la composizione della propria squadra per il comando di Confindustria.
Secondo quanto anticipato dal quotidiano La Repubblica, la società russa del gas Gazprom avrebbe accettato di rivedere i termini delle forniture che attualmente assicurano ben 22 miliardi di gas all’italiana Eni. Il quotidiano riporta un annuncio giunto nella serata di ieri al termine di un incontro cui hanno partecipato l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni e il presidente di Gazprom Alexei Miller.


I bond in alcuni casi possono rappresentare una certa sicurezza: prestiti obbligazionari garantiti, non si tratta di un investimento in conto capitale e quindi la restituzione non dipende dall’andamento della Borsa. L’azienda é obbligata a restituire il suo prestito alla scadenza e al tasso di interesse prestabilito, indipendentemente dalle fluttuazioni del mercato. Difficilmente l’azienda non restituirà il prestito, a meno che non si trovi in una situazione dei reale disagio economico o addirittura di fallimento. Non dovrebbe essere il caso di Eni, la quale si appresta a lanciare una emissione obbligazionaria a otto anni a tasso fisso per un importo di oltre 1 mld di euro e con uno spread pari a circa 220-230 punti base sopra il midswap.