Riscatto laurea e servizio militare nella nuova manovra

 A conti fatti sono circa 80 mila le persone che non potranno più riscattare la leva militare, rinviando così di un anno il tempo della pensione; 10 mila, invece, coloro che non potranno più riscattare gli anni universitari e saranno quindi costretti a rimandare di 4-5 anni il pensionamento. Per non parlare dei medici, che tra militare, laurea e specializzazione arrivano a 11 anni, riscattabili. La manovra correttiva dice no: salta la norma sulle pensioni, che prevede la cancellazione ai fini del calcolo dell’anzianità del riscatto degli anni di laurea e del servizio militare. In pratica finora i lavoratori con 40 anni di versamenti erano riusciti a sfuggire a tutte le più importanti riforme della previdenza, in quanto era possibile andare in pensione senza la necessità di raggiungere un’ età minima.

Manovra finanziaria e tagli pensioni, opposizione sindacati

 Che giudizio dare alla manovra triennale di correzione dei conti pubblici varata dal Governo di centrodestra? Ebbene, stando al giudizio delle opposizioni la manovra del Ministro all’Economia Giulio Tremonti lascia un’eredità pesante ai governi che verranno. Molto critico tra l’altro è stato anche Montezemolo, che ha parlato di una manovra piena zeppa di assegni post datati.

Istat: pensioni al 16,68% del Pil

 Nel nostro Paese la spesa pensionistica incide in ragione del prodotto interno lordo nazionale (Pil) per una percentuale pari al 16,68%. A rilevarlo, in accordo con i dati sui trattamenti pensionistici al 31 dicembre del 2009, è stato l’Istat, Istituto Nazionale di Statistica, precisando in merito come nell’anno preso a riferimento il controvalore della spesa pensionistica per l’erogazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali si sia attestato complessivamente a ben 253.480 milioni di euro.

Pensione a 65 anni per le donne: tra riforma e proteste

 Renato Brunetta non si tira indietro nonostante le polemiche suscitate dalla sua proposta nel mondo sindacale ed in quello politico. In un’intervista a Repubblica precisa:

Io non ho fatto alcuna proposta, io devo ottemperare a una condanna della Corte di giustizia europea. Quanta ipocrisia, quanta arroganza nei nostri soloni e soloncini, di destra e di sinistra. Ma andate a studiare prima di parlare. Lo dico a D’Alema, a Veltroni, alla Finocchiaro, a Epifani. Lo dico al mio amico Calderoli.

Il ministro ricorda quindi che è l’Ue ad imporre all’Italia una riforma del genere e sottolinea che se l’Italia fosse un paese “serio” non potrebbe limitarsi ad un innalzamento dell’età pensionabile per le donne solo nel pubblico impiego. Giuliano Cazzola, parlamentare del Pdl e uno dei massimi esperti del sistema previdenziale ricorda che

le donne alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni sono andate in pensione di vecchiaia, senza proteste, fino al 1992, quando il governo Amato allineò il loro trattamento a quello delle lavoratrici private, il cui requisito era in graduale salita da 55 a 60 anni.

Brunetta lancia il progetto “Reti Amiche”. Ritirare le pensioni in tabaccheria per snellire la Pubblica Amministrazione

Riscuotere le pensioni e versare i contributi Inps nelle tabaccherie, nelle banche, alle stazioni ferroviarie e magari anche nelle farmacie. Lo dichiara il ministro della Funzione
Pubblica e dell’Innovazione, Renato Brunetta
nell’ambito della “Giornata dell’innovazione”. L’iniziativa si inserisce nel progetto Reti Amiche finalizzato allo snellimento della Pubblica Amministrazione.

Si tratta –dice Brunetta– di riunire tutte le reti esistenti nel nostro paese, penso alle Poste, alle tabaccherie, ai Carabinieri, alle farmacie, alle ferrovie e alle Banche. Luoghi da utilizzare come contenitori di “totem” accessibili ai cittadini e che consentano loro di bypassare la Pubblica Amministrazione inefficiente.

Cgia di Mestre: solo la Lombardia presenta un saldo previdenziale positivo

Solo il 77,5% della spesa pensionistica nazionale è coperta dai contributi versati dai lavoratori e il divario tra il Nord e il Sud è notevole. E’ quanto emerge da una ricerca dell’ufficio studi della Cgia di Mestre. Inoltre in Italia solo la Lombardia presenta un saldo previdenziale positivo. Vale a dire che la quota di contributi versati dai lavoratori e’ superiore alle prestazioni pensionistiche erogate. Male la Liguria e tutte le Regioni del Sud. A Benevento ci sono piu’ pensioni che occupati. La Cgia di Mestre ha analizzato anche l’incidenza del numero di pensioni sugli occupati per ogni provincia: ci sono 2 province che presentano un numero di pensioni erogate superiore al numero di occupati che versano i contributi: Benevento (102,5 pensioni ogni 100 occupati) e Lecce (101,5 ogni 100 lavoratori). A Terni situazione di ”parita”’: il numero di pensioni e’ pari al numero di occupati. In basso la provincia di Bolzano che registra solo 50,6 pensioni erogate per ogni 100 occupati.