Petrolio: settimana altalenante, apertura di un’inchiesta da parte della Commodity Future Trading Commission

La settimana è stata altalenante per i prezzi del petrolio: inzialmente le quotazioni hanno perso terreno, tanto da arrivare a segnare un minimo a ridosso dei 124,5 dollari, dopo, un’improvvisa impennata ha portato il greggio a 128 dollari. Gli acquirenti sono scesi nuovamente in campo dopo che è stata diffusa la notizia relativa all’apertura di un’inchiesta da parte della Commodity Future Trading Commission per manipolazione dei prezzi.

Ne sentiamo spesso parlare, ma cosa si intende per manipolazione dei prezzi nel mercato delle commodities? Ogni singolo contratto future che viene trattato, su qualsiasi cosa, comporta, per definizione, l’esistenza di un compratore e di un venditore al medesimo prezzo. Pertanto, il numero totale delle posizioni in acquisto (long) e di quelle in vendita (short) è sempre in perfetta parità. Questo è importante, perchè quando si parla di manipolazioni del mercato, bisogna rendersi conto che ogni posizione in vendita esistente è sempre perfettamente corrisposta da una in acquisto. Quando il prezzo salta, al rialzo o al ribasso, vuol dire che comunque ad un certo suo livello si è trovato qualcuno disposto a comprare e a vendere. Il salto (cioè l’assenza di negoziazioni in un determinato intervallo di prezzo) vuol dire invece che nessuno era disposto a fare da controparte in quella fascia di prezzo ritenuta evidentemente troppo alta o troppo bassa.

Unicredit dimezza gli utili ma resta ottimista, parola di Alessandro Profumo

La trimestrale di Unicredit non è stata per così dire esaltante: utili in calo del 51% nonostante l’esposizione ai mutui subprime sia passata da 164 a 94 milioni di euro. L’utile per azione sarà compreso in una forchetta tra 0,52 e 0,56 euro, cifre inferiori alle stime degli analisti, che hanno fatto perdere al titolo il 3,26%. I ricavi registrato sono in calo del 18,9% a 6,45 miliardi. La trimestrale Unicredit ha tirato verso il basso tutto il comparto finanziario: Intesa San Paolo ha perso il 2,87%, Popolare Milano il 4,34% e Mps lo 0,67%.

Il peggio però è passato

Queste le parole di Alessandro Profumo dopo l’assemblea, ma evidentemente i mercati non gli hanno dato fiducia. Colpevole delle perdite di Unicredit soprattutto il settore dell’investment banking e le svalutazioni a cui l’istituto è stato costretto. Positivi invece i risultati riguardanti l’attività tradizionale: +15% gli utili e +8,4% i ricavi.

Unicredit punta molto sull’Europa Orientale e prevede l’apertura di nuove filiali: grazie alla massiccia presenza in questa area geografica e agli investimenti fatti i ricavi sono cresciuti del 25%.

Unicredit non è più la banca dei derivati?

Ricordate poco tempo fa il caso Divania, il suo fallimento, e l’inchiesta svolta dall’Espresso in cui veniva accusata Unicredit di aver spinto “forzatamente” gli imprenditori ad acquistare derivati? E ricordate poco tempo prima nei mesi di settembre ed ottobre, i ribassi di Unicredit dovuti all’esposizione in derivati e la crisi finanziaria dei mutui subprime e le richieste di risarcimenti danni?

Unicredit occupa nel mercato italiano una posizione di rilievo nella distribuzione di prodotti derivati con una quota di mercato che pari alla metà del totale. Questo però negli ultimi tempi le ha causato non poche grane, soprattutto a livello di immagine.

Alessandro Profumo ha finora cercato di liberare la sua banca dall’etichetta di “banca dei derivati” ed è quello che ha fatto anche di fronte al cda riunitosi ad Istanbul in questi giorni. Nei primi 9 mesi del 2007, secondo le elaborazioni di Bankitalia, la perdita potenziale dei derivati è passata da 3,5 a 5,2 miliardi.