Wall Street: torna lo spettro dei mutui, Dow Jones -2.20%

 Economia ferma oltre oceano secondo i dati negativi sull’occupazione, negativi oltre ogni aspettativa; il Dow Jones conclude la seduta con una perdita del 2.20%, l’SP500 cede il 2.53% mentre il Nasdaq il 2.58%. Anche se nelle settimane precedenti ci si è accaniti contro l’area Euro, nessuno ha dimenticato dove è iniziata la crisi ed è proprio quello il settore che rischia di far sprofondare in recessione il Paese; le autorità di controllo vogliono infatti eseguire degli accertamenti sui mutui bancari alla ricerca di irregolarità, memori del passato recente e dello scoppio della crisi. Secondo il New York Times, Fannie Mae e Freddie Mac minacciano azioni legali contro dodici istituti di credito, con l’accusa di aver nascosto informazioni sugli assets tossici.

La nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac da nuova fiducia ai mercati. Ottima seduta in Asia, apertura a razzo in Europa

 Ieri il Tesoro americano ha deciso di nazionalizzare Fannie Mae e Freddie Mac per evitarne il fallimento e dare sostegno al mercato immobiliare, centro della attuale crisi.
Mentre si attende di vedere come reagiranno le borse europee e americane i primi effetti sui mercati sono già arrivati. L’indice MSCI Asia Pacific ex Japan è salito di oltre il 4%, il Nikkei ha messo a segno un + 3,8% ,forte rialzo per i titoli del settore finanziario tra cui spiccano Mizuho Financial Group e Macquarine. La seconda banca giapponese e la prima banca di affari australiana hanno messo a segno rialzi sopra al 10%. I futures per le borse europee fanno pensare a rialzi sopra al 3% in tutte le piazze finanziarie, in fase di apertura si mettono in evidenza i titoli delle banche, con rialzi compresi tra il 4 e il 6% con l’ S&P MIB che guadagna il 3,5%.

Fannie Mae e Freddie Mac crollano in borsa sulle ipotesi di un nuovo intervento del Tesoro americano

 Sono giorni di tensione in Borsa per Fannie Mae e Freddie Mac. I titoli dei due colossi dei mutui americani hanno perso circa il 25% nell’ultima seduta a Wall Street arrivando a toccare livelli che non si vedevano dal 1990. Motivo di questo ennesimo crollo sono è la possibilità di un intervento del tesoro americano volto a ricapitalizzare le due aziende per cercare di scongiurarne il fallimento. A scatenare l’ondata di vendite è stata la notizia dell’incontro dei manager con dei rappresentanti del tesoro, cosa che ha dato consistenza a quelle che prima sembravano solo voci. Preoccupa gli investitori il fatto che l’arrivo di nuova liquidità determinerebbe con tutta probabilità un crollo del valore delle azioni o persino, secondo il settimanale Barron’s, una nazionalizzazione e quindi l’eslusione dei vecchi soci.

La crisi di Fannie Mae e Freddie Mac coinvolge anche le quotazioni delle borse asiatiche

La crisi dei mutui ipotecari statunitensi non risparmia neanche le riserve asiatiche, ormai arrivate a raggiungere l’indice di mercato più basso dal novembre 2006. La Mitsubishi UFJ Financial Group, la nota società finanziaria giapponese e la Cathay Financial Holding, la più grande compagnia di servizi statunitensi, le quali possiedono da sole più di 50 miliardi di dollari di Fannie Mae e Freddie Mac, sono in calo come ripercussione delle gravi perdite che hanno coinvolto le due agenzie americane, che il Dipartimento del Tesoro si è impegnato a supportare.

Come conseguenza di ciò, uno dei principali indici asiatici, l’ MSCI Asia-Pacific ha perso il 2,1% raggiungendo quota 129,61 yen: tutti i suoi gruppi industriali sono in discesa, con le riserve finanziarie che contano per il 45% della perdita totale. Secondo Leslie Phang, direttore degli investimenti alle unità di Schroders Plc (una delle principali case di investimento internazionali con sede a Londra):

Freddie Mac e Fannie a Mae sono sostanzialmente di proprietà semi-statale e numerosi istituti di credito e governi in tutta l’Asia detengono il loro debito. Nessuno si aspettava un crollo di queste proporzioni.

Fannie Mae e Freddie Mac a rischio insolvenza, i mutui subprime colpiscono ancora

Fannie Mae e Freddie Mac, le due agenzie a garanzia pubblica specializzate nei mutui ipotecari sono a rischio insolvenza. Aumenta infatti la probabilità che il governo americano debba ricorrere a un salvataggio delle due società travolte dal collasso dei mutui subprime. In un intervista comparsa su Bloomberg, William Poole ex presidente della Federal Reserve di St.Louis, spiega che Freddie Mac ha debiti che superano di 5,2 miliardi di dollari il valore dei propri asset nel primo trimestre. Non se la cava meglio Fannie Mae, il cui effettivo valore degli assett è calato del 66% a 12,2 miliardi di dollari e potrebbe quindi essere negativo nel trimestre successivo.

Non è dello stesso parere il segretario del Tesoro Usa, Henry Paulson il quale ha affermato davanti al Comitato sui servizi finanziari della Camera:

Fannie Mae e Freddie Mac, stanno solo passando attraverso il periodo impegnativo di una decisa crisi del settore abitativo che ha colpito il mercato del credito. I due gruppi continuano a ricoprire un ruolo importante nell’attuale mercato immobiliare ed è necessario che lo facciano anche in futuro.

Fannie Mae: perdite per 3,6 miliardi ma il titolo balza in Borsa

Conti in rosso per il colosso dei mutui americano, il quale ha annunciato di aver chiuso il quarto trimestre del 2007 con perdite che ammontano a 3,6 miliardi di dollari, mentre aveva chiuso lo stesso periodo del 2006 con un utile di 604 milioni. L’intero anno 2007 si chiude quindi con una perdita netta di 2,1 miliardi di dollari (il 2006 chiudeva con un utile di 4,1 miliardi).

Nel premercato di Wall Street infatti Fannie Mae ha lasciato sul terreno il 7,4%, per poi invece invertire la rotta a metà giornata trainata dall notizia che l’OFHEO (Office of Federal Housing Enterprise Oversight) da marzo rimuoverà il tetto agli investimenti dei colossi dei mutui ipotecari, abolendo le restrizioni sulle dimensioni del portfoglio.

In seguito alla notizia il titolo di Fannie Mae è schizzato dell’8% per poi attestarsi al 3%. Le perdite dell’azienda “semipubblica” però confermano un’ulteriore deterioramento del mercato del credito.