Nel 2011 sono crollate le cartolarizzazioni bancarie

 Non è azzardato affermare che nel nostro paese si teme ancora l’effetto dei mutui subprime americani, la causa scatenante della grave crisi economica del 2008: non si spiega altrimenti il comportamento dei nostri istituti di credito, i quali sono molto accorti da questo punto di vista e dal 2007 hanno provveduto a ridurre in maniera piuttosto considerevole le cosiddette cartolarizzazioni. Nello specifico, si tratta della vendita di una attività, oppure di servizi di un’altra società mediante il collocamento di bond; di conseguenza, il credito in questione viene ceduto a dei soggetti terzi e il rimborso è in grado di restituire il capitale e le cedole di interessi. Ebbene, come ha spiegato la Consob (Commissione Nazionale di Società e Borsa), queste operazioni sono diventate sempre più rare nel corso del 2011.

I subprime colpiscono anche RBS: pesanti perdite per la banca britannica e crollo del titolo

 Royal Bank of Scotland Group Plc, la quale sta tentando di far fronte alla maggiore perdita nella storia economica britannica, si è impegnata a rendere disponibili 6 miliardi di sterline (8,7 miliardi di dollari) nei confronti dei prestatori del Regno Unito: dunque, il prestito bancario fa un altro passo verso il totale controllo governativo. In cambio delle garanzie del governo per le perdite causate dal debito e dalla crisi dei mutui subprime, la banca dovrà ora firmare un accordo col Tesoro al fine di stabilire quanto denaro intende dare in prestito e in che termini. RBS ha fatto sapere tramite i suoi portavoce di temere di diventare in tal modo una sorta di “cavia da laboratorio” e che l’accordo sui prestiti verrà effettuato solamente in termini commerciali. Tale accordo mette in risalto l’intervento più diretto che il governo britannico abbia mai attuato nella gestione di una banca.

Anche il Santander a sorpresa delibera un aumento di capitale

 Ha destato un pò di impressione la decisione del Banco di Santander di varare un maxiaumento di capitale da 7,2 miliardi di euro. Nell’ambito dell’operazione di rafforzamento del capitale verrà emessa al prezzo di 4,5 euro un’azione ogni quattro esistenti pari all’emissione di 1,6 milioni di nuove azioni. L’aumento di capitale è garantito: una nota spiega che agli attuali azionisti spetta un diritto di opzione; inoltre, sia questi ultimi che gli investitori che compreranno i diritti sul mercato possono richiedere di sottoscrivere altre azioni in aggiunta a quelle che gli spetterebbero sulla base dei diritti di cui dispongono. Se le richieste per ulteriori azioni non sono sufficienti a coprire l’aumento di capitale, le azioni restanti potranno infine essere allocate in maniera discrezionale agli investitori. Questa notizia non è affatto piaciuta alla Borsa dove il titolo ha perso ieri quasi il 5% ed oggi è in calo di quasi il 6%.

Economia USA: mercato immobiliare, consumi e investimenti arrancano. La crisi non è solo finanziaria

 Come anticipato lunedì, questa settimana è servita a fare il punto sulla stato dell’economia statunitense. Come vedremo le cose non stanno andando bene e questo preoccupa per due motivi: da una parte si iniziano ad intravedere gli effetti negativi della crisi finanziaria sulla economia reale, dall’altro i dati pubblicati non lasciano molte speranze proprio per la risoluzione della crisi stessa. Siamo di fronte ad un cane che si morde la coda: il mercato immobiliare ha dato avvio alla crisi finanziaria (mutui subprime) e la crisi stessa compare tra le cause della attuale debolezza del mercato immobiliare e dei consumi.

Un mercato finanziario in preda al caos come quello attuale non è infatti in grado di mettere risorse là dove sarebbe più proficuo, ma si lascia dominare da paure irrazionali portando i tassi di interesse a livelli più alti di quello che sarebbe opportuno rendendo eccessivamente onerosi i prestiti di denaro. Il risultato è un PIL in rallentamento e un crollo della fiducia per il futuro.

Brutte notizie per i mutui a tasso variabile: l’ Euribor tocca livelli record. Vediamo come cambia la rata

 La crisi dei mutui subprime continua a colpire e questa volta a subire i danni saranno i sottoscrittori dei mutui a tasso variabile. Le turbolenze della scorsa settimana hanno portato nuova incertezza nei mercati finanziari e se da una parte abbiamo visto scendere i mercati borsistici, conseguenze negative si sono avute anche nel mercato monetario. L’ Euribor, il tasso interbancario europeo è salito a livelli record dal 2000 proprio a causa della sfiducia che le banche adesso hanno le une nei confronti delle altre (con sfiducia intendiamo una più alta percezione del rischio che giustifica tassi di interesse più alti). Scendendo nel dettaglio vediamo che l’Euribor ad un mese è arrivato a quota 4,976%, l’Euribor a tre mesi ha toccato il 5,066%, quello a sei mesi il 5,276%.

Nuovi dettagli sul piano Paulson: 700 miliardi per liberare le banche dai titoli ad alto rischio.

 Il piano di intervento anticipato da Paulson venerdì ed in grado di spingere i mercati al rialzo inizia a prendere forma. Ieri pomeriggio l’amministrazione Bush ha inviato al Congresso la richiesta di approvazione la quale potrebbe essere concessa già il prossimo venerdì. Centro della proposta è l’attribuzione al Dipartimento del Tesoro americano (in pratica il ministero dell’economia) del potere di acquistare strumenti finanziari collegati ai mutui ad alto rischio. Potranno essere spesi fino a 700 miliardi di dollari in modo da liberare le banche americane dal rischio di ulteriori pesanti svalutazioni. Il Congresso dovrà quindi anche accettare che il debito pubblico americano salga da 10’615 a 11’315 miliardi di dollari. Da sottolineare inoltre che il Dipartimento del Tesoro avrà in pratica totale libertà di azione in modo da poter portare avanti interventi più flessibili. Fonti anonime hanno tuttavia anticipato che si prevedono aste mensili durante le quali il governo americano comprerà ogni volta asset fino ad un massimo di 50 miliardi.

Lehman un fallimento da troppo tempo annunciato, il mondo finanziario trattiene il fiato

 Borse europee in forte calo dopo l’annuncio che Lehman Brothers ha gettato la spugna. Gli indici sono scivolati tutti verso i minimi dell’anno, senza però violarli. L’S&P/Mib (-3,5%, 27.367) incontra tali livelli a 26.500 punti. In un solo anno la spaventosa crisi subprime, con tutti i risvolti enigmatici che probabilmente comprenderemo meglio solo a distanza di parecchio tempo, ha cambiato radicalmente la fotografia del mondo della finanza americano. Prima è sparita Bear Stearns, la più piccola delle banche d’affari, fondata nel 1923. Una settimana fa l’amministrazione Bush era intervenuta per salvare Fannie Mae e Freddie Mac. Nel fine settimana è fallita Lehman Brothers, fondata nel 1850. Contemporaneamente, Merrill Lynch, fondata nel 1914, è stata comprata da Bank of America con un’operazione simile a quella di Bear Stearns, con emissione di nuove azioni e nessun esborso cash.

La exit strategy di trichet spaventa le borse mondiali

 Il fatto che le Borse abbiano improvvisamente virato in peggio dopo la conferenza stampa del presidente della Bce Jean Claude Trichet ha fatto molto riflettere economisti ed esperti sul perchè di quello che poi si è rivelato un vero e proprio crollo, considerando che i tassi, come previsto, sono rimasti fermi al 4,25%, che lo stesso presidente della Bce non abbia, come fatto in precendenza, minacciato altri prossime misure di stretta monetaria e senza che abbia aggiunto nessuna notizia negativa che già i mercati non sapessero. Qualcuno ha provato a dare la colpa del nuovo pesante tonfo delle Borse alle parole sui rischi inflazionistici, ma di questo già si era argomentato in abbondanza. Insomma nulla che potesse spiegare apparentemente un simile crollo.

Secondo gli esperti la Spagna sarebbe ad un passo dalla recessione

 La Spagna, il paese in Europa che forse maggiormente sta subendo il peso della crisi scatenata dai mutui subprime giusto un anno fa, potrebbe essere davvero ad un passo dalla recessione. Secondo Funcas, la fondazione delle casse di risparmio spagnolo, infatti, già in Novembre la Spagna potrebbe entrare ufficialmente in recessione, malgrado gli interventi di politica economica promossi dal governo iberico. Secondo le prime indiscrezioni trapelate su una ricerca che presto sarà pubblicata, la Spagna decrescerà addirittura dello 0,5% il prossimo anno su base annuale, entrando però come detto già in recessione alla fine del 2008, quando il Pil per la prima volta dal 1992 avrà un andamento di crescita negativa. Ma a pensarla cosi non è solo la fondazione Funcas ma molti altri istituti di ricerca che però preferiscono mantenere ancora un profilo basso, non azzardando previsioni in un momento talmente delicato.