Bce: gli effetti del taglio dei tassi da parte di Draghi

 Mario Draghi non poteva esordire con una mossa più sorprendente nel suo nuovo ruolo di presidente della Banca Centrale Europea: la sua decisione di tagliare i tassi di interesse di riferimento di 0,25 punti percentuali rappresenta un segno di continuità con le ultime mosse del suo predecessore, Jean-Claude Trichet, ma ha ricevuto sia critiche che consensi. Secondo una parte della stampa tedesca, il titolare dell’Eurotower di Francoforte è stato coraggioso e saggio, ma inglesi e americani hanno invece parlato di eccessivo conservatorismo. Che effetti sta producendo questa sua prima scelta? Lo spread tra Bund tedeschi e i nostri Btp non può essere intaccato più di tanto, visto che è compito del governo italiano provvedere a una sua riduzione.

L’euro subirà forti ripercussioni dal prossimo taglio della BCE

 La Banca Centrale Europea è ormai in una situazione di forte pressione e seguirà l’esempio di altri istituti centrali come la Bank of England e la Federal Reserve per quanto riguarda la predisposizione di misure aggiuntive volte a combattere il profondo rallentamento dell’economia internazionale. Come annunciato ieri, presso l’Euro Tower di Francoforte si è dunque deciso, dopo aver già abbassato i tassi di mercato fino al 2% durante lo scorso mese di ottobre, di tagliare ulteriormente i tassi di 50 punti base nel corso del prossimo meeting in programma per il 5 marzo. Miguel Angel Fernandez Ordonez, membro del Consiglio dei Governatori della BCE, ha annunciato proprio questa settimana che i policy makers sono stati “obbligati” ad esaminare con attenzione l’uso potenziale di strumenti non convenzionali; inoltre, è in una buona fase la revisione dei passi da effettuare.

Per gli USA una settimana divisa tra PIL e taglio dei tassi di interesse

 La settimana che inizia oggi chiuderà il mese di ottobre e la domanda che adesso tutti gli investitori si pongono è se potremo assistere ad un rimbalzo o se il crollo è destinato a proseguire. Questo mese i listini hanno perso circa il 25%, facendo registrare la performance peggiore dall’ottobre 1987. I mercati negli ultimi giorni di contrattazioni hanno subito pesanti perdite a causa dei segnali di rallentamento che le economie ci stanno fornendo. La recessione è data per scontato, ora ci chiediamo quanto possa durare e quali cali porterà. Anche questa settimana gli occhi saranno quindi puntati sui dati macroeconomici e sulle mosse della Fed. Saranno poi pubblicate le trimestrali di alcune grandi società, queste ultime però difficilmente riusciranno ad influenzare l’andamento delle contrattazioni. In merito alle trimestrali è infatti necessario sottolineare che ormai il mercato è concentrato esclusivamente sui mesi a venire, mesi considerati di forte discontinuità con quelli appena passati.

Scende il petrolio, ma anche gli americani cominciano a risparmiare sulla benzina

Dopo aver toccato quota 120 dollari al barile, il petrolio ha cominciato a scendere. In attesa della decisione della Fed se intervenire o meno sui tassi, il Wti è sceso di 8 centesimi al barile nelle prime contrattazioni asiatiche. Sul NYmex il petrolio ha aperto con un calo più consistente, al ribasso di 2,63 dollari.

Secondo gli ultimi aggiornamenti in Asia il prezzo del petrolio è arrivato poi scendere fino a 115,49 dollari al barile. Ha influito sul prezzo del greggio un rapporto statunitense del Dipartimento di Energia secondo cui la richiesta di benzina è scesa del 6,2%, e quella dei prodotti petroliferi in generale del 8,5%.

Forse anche gli americani, quelli dei Suv e delle grosse cilindrate “tanto la benzina non ci costa tanto”, hanno cominciato a risparmiare quando arrivano a riempire il serbatoio. Con la benzina arrivata a costare 3,54 dollari per un gallone (che corrisponderebbe a 4 litri circa di carburante) anche loro cominciano a stare più attenti alla macchina che prendono per andare al lavoro.

Euribor in salita e a seguire i tassi dei mutui

Sale il prezzo della benzina, salgono i prezzi delle materie prime e salgono i tassi de mutui. Anche l’Euribor infatti continua a crescere con grande preoccupazione delle famiglie italiane. Ma cos’è esattamente l’Euribor? Si tratta di un indice ed indica il tasso medio delle transazioni tra le banche europee. E’ in fondo un indice del costo del denaro ed è basandosi su di esso che le banche impostano le variazioni dei tassi variabili dei mutui.

L’Euribor rispecchia in pratica l’andamento dei mercati, sia al rialzo che al ribasso, e i tassi dei mutui sul debito residuo a loro volta saranno ricalcolate sull’indice. Secondo gli ultimi aggiornamenti il tasso interbancario a tre mesi ha raggiunto il valore di 4,85% e questo sta a significare un aumento di 18 euro al mese su un mutuo di 100 mila euro (un aumento quindi di 220 euro l’anno).

L’Adusbef, l’associazione di difesa degli utenti dei servizi bancari, assicurativi e finanziari ha già lanciato l’allarme. Il livello attuale è il più alto registrato da quattro mesi a questa parte e non accenna a scendere.

Wall Street: trimestrali e mercato immobiliare, continua l’incertezza

Continua il sali scendi di Wall Street, travolta da una valanga di trimestrali. Tengono i tecnologici: a mercati chiusi sono arrivati i conti di Apple e Amazon. Entrambi si sono rivelati superiori alle attese, ma mentre i primi sono stati totalmente positivi, quelli del gigante dell’e-commerce ha accusato un calo nei margini lordi. A preoccupare ancora di più gli investitori ed i mercati è arrivato il profit warning dell’ad di Amazon, il quale ha già rivisto al ribasso le stime per il 2008: l’utile si fermerà a 940 milioni, cifra inferiore ai ai 985 previsti ad inizio anno.

Per il trimestre a venire Amazon prevede ricavi in crescita ma margini di profitto in discesa, tra i 120 ed i 160 milioni. Buoni risultati anche per Boeing, il colosso attivo nel settore aerospaziale, che ha riportato un aumento degli utili del 38% e ricavi del 4%.

La Bce potrebbe alzare i tassi per far fronte all’inflazione ed il Super Euro continua la corsa

La notizia è arrivata così, quando nessuno se la aspettava e proviene da Christian Noyer, membro del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, il quale in un’intervista ad una radio francese aveva lasciato intendere che per frenare l’inflazione una soluzione avrebbe potuto essere proprio quella. Il giorno dopo puntuale è arrivata la smentita, o meglio la precisazione, con Christian Noyer che ha detto di essere stato male interpretato e di non aver parlato specificatamente di un prossimo aumento dei tassi, anche se gli interventi della Bce possono andare in entrambe le direzioni.

In realtà una affermazione simile alla sua è arrivata anche da Yves Mersch, governatore della Banca di Lussemburgo, il quale ha confermato che il dubbio amletico su alzare i tassi o meno per far fronte all’inflazione ogni mese ha attanagliato la Bce, che quindi al contrario di come tutti credevano non ha mai minimamente pensato a tagliarli.