Il vertice UE mette in luce la situazione allarmante dei paesi dell’est Europa

 I capi di Stato e di governo dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles nel vertice anti-crisi, si sono detti contrari, Germania in testa, a un piano speciale di sostegno economico dei paesi dell’Europa dell’est, dichiarandosi comunque pronti a prendere in esame ogni caso singolarmente. La proposta che ha destato maggiori attriti all’interno della riunione è stata quella presentata dall’Ungheria, la quale ha richiesto un piano specifico da 160-190 miliardi di euro. I dati economici sui paesi dell’est Europa sono abbastanza evidenti e contribuiscono a rendere più cupo lo scenario finanziario globale. Credit Suisse ha proprio effettuato uno studio al riguardo, mettendo in luce come i paesi più vulnerabili all’attuale crisi si trovano in questa parte del mondo.

Gli ottimi profitti dei bond indiani fanno crescere State Bank e ICICI

 State Bank of India e ICICI Bank Ltd., i due maggiori istituti per il prestito della nazione asiatica, hanno annunciato che il loro reddito ha subito un incremento durante gli ultimi due trimestri del 2008, soprattutto a seguito degli ottimi risultati ottenuti dai bond governativi, i quali hanno raggiunto il loro livello più alto degli ultimi dieci anni. State Bank, banca che rappresenta quasi un quinto di tutti i prestiti dell’India, ha infatti fatto segnare nella giornata di ieri un rialzo del proprio reddito netto di ben 37 punti percentuali con una quota di 24,8 miliardi di rupie (503 milioni di dollari). Meno consistente, ma comunque interessante, è stata invece la crescita del profitto di ICICI: l’istituto creditizio di Mumbai ha visto crescere il proprio reddito del 3,3%, una percentuale superiore alle attese degli analisti. C’è da sottolineare, tra l’altro, che la banca centrale dell’India aveva tagliato i tassi di interesse per ben quattro volte negli ultimi tre mesi dello scorso anno.

Sudest asiatico: si riducono Pil e inflazione

 L’inflazione e’ scesa in Cina al 2,4% a novembre, toccando il minimo da 22 mesi. Gli analisti si aspettavano un rallentamento al 3% dal 4% registrato a ottobre. Il dato, notano gli economisti, da’ nuovi spazi alla banca centrale nell’allentamento delle condizioni di politica monetaria. Diminuiscono i consumi e ciò ha portato le imprese a ridurre i prezzi. I consumi si sono ridotti anche conseguentemente al calo delle esportazioni made in China che hanno registrato una flessione del 17,9%, la piu’ ampia flessione dal 1993.

L’economia dell’Est asiatico continuerà a rallentere il passo nel 2009, risentendo della crisi del credito che frena i flussi di capitale e gli investimenti. Questo secondo una stima della Banca Mondiale, che indica una crescita del Pil pari al 5,3% nel 2009 contro il +7% del 2008 e una media del 9% negli ultimi dieci anni. Nello specifico sono stati rilevati i seguenti dati: frenata a +3,8% per il Sudest asiatico (+5,2% nel 2008), a +7,5% per la Cina (+9,4%) e a +2% per la Corea del Sud (+3,9%). Stabile a +6,5% il Vietnam. Non solo frenata ma vero e proprio rallentamento in Giappone (-0,1% contro il +1% del 2008).

Torre di Shangai votato miglior grattacielo del mondo

Il World Financial Center di Shangai, il secondo edificio più alto del mondo che secondo alcuni assomiglia ad un elegante cavatappi, è stato nominato da alcuni architetti come il miglior grattacielo portato a termine quest’anno.

La semplicità della sua forma e la sua mole drammatizzano l’idea di grattacielo,

spiega Carol Willis, del Council on tall buildings and urban habitat, un gruppo di architetti ed ingegneri.

La torre di Shangai è stata progettata dallo studio di architettura Kohn Pederson Fox Associates, con sede centrale a New York e uffici in tutto il mondo. Tim Johnson, l’architetto che ha diretto il comitato di selezione, ha sottolineato il design innovativo dell’edificio. Le travi in acciaio resistono alla forza del vento e dei terremoti e “rendono la costruzione più leggera, permettendo di usare meno acciaio, e contribuendo alla sua eco-sostenibilità”, ha dichiarato in un’intervista. La forma affusolata della torre, ha aggiunto, crea l’impressione che si dissolva nel cielo.

Il rallentamento cinese un rischio da tenere sotto controllo

 Gran parte dei paesi occidentali stanno attraversando un periodo recessivo. Il PIL complessivo d’Europa ha registrato una contrazione dello 0,2% nell’ultimo trimestre, replicando un andamento simile ottenuto nei tre mesi precedenti.  A fronte di un ciclo economico in contrazione nei paesi sviluppati, l’economia cinese continua ad espandersi, seppur a ritmi rallentati.  A quanto affermano le stime ufficiali, il pil cinese dopo un ciclo di crescita a doppia cifra durato cinque anni, ha segnato un rallentamento, crescendo nel terzo trimestre di “solo” il 9%, il tasso più basso degli ultimi sette anni. Una crescita del 9% è certo ben distante dall’avvicinarsi alla zona recessiva: vista la struttura economica, alimentata in passato da massicci investimenti industriali a servizio della produzione di gran parte del mondo, un rallentamento della Cina fa nascere serie preoccupazioni.

Per il g20 di San Paolo necessarie politiche cordinate contro la crisi e la Bce approva

 Il gruppo delle 20 economie avanzate ed emergenti ha concordato oggi sulla necessità di un’azione coordinata contro la crisi finanziaria globale. Lo si legge nel comunicato finale diffuso al termine del vertice a San Paolo in Brasile. Nella nota si legge che le potenze devono trovare misure per ripristinare la crescita e la stabilità finanziaria e che il G20 deve giocare un ruolo chiave nel garantire la stabilità economica e finanziaria, nonché agire insieme per ridurre la volatilità del mercato e far tornare alla normalità il mercato del credito. Il G20 ha anche riconosciuto la necessità di migliorare la supervisione e la governance delle istituzioni finanziarie, nonché garantire una appropriata supervisione di istituzioni come le agenzie di rating. Il vertice ha concordato sulla necessità che le potenze garantiscano che tutti i settori della finanza siano regolati in modo appropriato.

Con la crisi finanziaria in Russia è cominciata la resa dei contri fra gli oligarchi russi

 Putin una volta asceso al potere fu subito chiaro con gli oligarchi, facendo capire con alcune mosse che solo se loro lo appoggiavano e non si mettevano in testa strane mire avrebbero potuto continuare ad arricchirsi senza problemi, in caso contrario per loro la vita in Russia sarebbe stata assai difficile. Il governo attualmente controlla circa il 44% della produzione di greggio e tutta l’esportazione di gas naturale. Negli anni successivi ai primi anni 90, il numero di miliardari in dollari è cresciuto da una manciata a più di 100, questo grazie alla ascesa quasi inarrestabile delle materie prime, greggio e gas in testa e la proprietà delle aziende si apriva alle partnership con investitori stranieri. Ora, con la grave crisi finanziaria, i ruoli si sono drammaticamente, per gli oligarchi, invertiti. E molti miliardari russi hanno visto con la crisi finanziaria patrimoni andare letteralmente in fumo.

Continua il calo del peso messicano: la banca centrale del paese americano sta cercando di favorire la domanda della valuta

 Il peso messicano, la valuta del paese centro-americano, ha subito una brusca perdita per il secondo giorno di fila, dopo che gli investitori hanno attribuito un peso sempre maggiore al declino dei tassi valutari di mercato e ai rialzi dei prezzi del petrolio. Nel dettaglio, il peso si è indebolito di circa 0,7 punti percentuali, raggiungendo in tal modo quota 12,9683 pesos per un dollaro (sette giorni fa tale quota era pari a 12,8760). Win Thin, stratega valutario statunitense, ha commentato la situazione della valuta messicana:

Il mercato è ancora in ansia per i rischi di recessione globale. Paesi come il Messico, i quail sono strettamente legati all’economia degli Stati Uniti, o i paesi dell’Asia, fortemente dipendenti  dalle esportazioni, rimarranno deboli ancora a lungo. Lo scenario è negativo.

 

Nell’ultimo mese la valuta centro-americana ha perso ben 17,8 punti percentuali nei confronti del dollaro ed è in calo anche nei riguardi di 15 delle 16 valute più scambiate. L’unica unità monetaria che ha perso nei confronti del peso è stato il rand del Sudafrica. Come detto, il rallentamento dell’economia statunitense e la crisi del credito sono i maggiori indiziati per spiegare il calo del peso messicano. Gli investitori hanno tirato fuori il denaro dal sistema monetario del Messico e di altri mercati emergenti, al fine di ricercare mercati più sicuri e flessibili alle loro esigenze.

 

L’Ungheria come l’Islanda, chiede aiuto al fondo internazionale monetario per far fronte alle difficoltà del sistema bancario nazionale

 La situazione finanziaria che si sta sviluppando negli ultimi giorni in Ungheria ricorda molto da vicino quello accaduto in Islanda, dove il Governo ha dovuto nazionalizzare i principali istituti bancari del paese e chieder l’intervento del Fmi, per evitare il default. Le autorità ungheresi, infatti, hanno sollecitato il sostegno della Banca centrale europea e pianificato nuove misure per la stabilizzazione del sistema bancario, nel tentativo di contenere gli effetti della crisi finanziaria e che il paese non diventi la prossima Islanda. Gli investitori hanno duramente colpito gli asset dei nuovi paesi Ue, timorosi di una fuga di flussi di fronta all’elevata dipendenza di Budapest dai capitali stranieri e al massiccio indebitamento in valuta estera. Governo e banca centrale hanno cercato di mandare un messaggio tranquillizzante e far ripartire un mercato congelato e dipendente dagli swap in valuta estera, strumenti considerati cruciali per lo stato di salute delle finanze ungheresi.

I paesi emergenti del Sud America dimostrano un’inattesa resistenza alla crisi finanziaria: nessun crack e limitate perdite in borsa

 È quasi sorprendente la capacità di resistenza alla crisi finanziaria mondiale dimostrata dai paesi emergenti, in particolare da quelli dell’America Latina (Argentina, Brasile, Uruguay, Cile…). Il più grave collasso economico degli ultimi dieci anni è stato infatti vissuto da questi paesi con una sorta di placido attendismo: è una situazione strana quella che si sta delineando, perché le precedenti crisi avevano coinvolto in maniera più rapida e profonda proprio gli stati sudamericani.

Non si è verificato nessun crack e gli unici effetti da rilevare sono stati quelli sulle borse: San Paolo ha perso 7,59 punti percentuali, seguita da Buneos Aires (-5,2%) e, in maniera più lieve, Santiago del Cile (-0,53%). Cerchiamo di capire ora il perché di questa situazione e le prospettive future.