Trova conferma la tendenza negativa del Crude Oil: individuato un nuovo supporto

 Nel precedente articolo dedicato al Crude Oil si parlava dell’importanza di individuare il trend di un grafico, mediante l’utilizzo di più strumenti che potessero confermare a vicenda le aspettative. Si ricordava inoltre come i profitti maggiori vengono realizzati seguendo la tendenza dominante, come insegnava Mr. Gann.

Il Crude Oil segnala da tempo una forte tendenza negativa, confermata in questi giorni: la situazione di ipervenduto è stata annullata grazie ad un rimbalzo tecnico durato poco più di una seduta, che ha permesso alle quotazioni di tornare nei pressi della resistenza posta a 84,5 dollari; successivamente la perdita dei 78,3 ha di nuovo proiettato verso il basso i prezzi alla ricerca dei 68 dollari. Si è creata però un’importantissima resistenza intermedia in area 72,4. La violazione di questo livello permetterebbe infatti un ulteriore allungo ribassista consistente. Al contrario, la tenuta dell’area indicata permetterebbe alle quotazioni un recupero fino a 97 dollari al barile in poco tempo.

La recessione a livello mondiale è quasi certa secondo le previsioni dei gestori dei fondi

 All’inizio di ottobre il pessimismo degli investitori è aumentato ulteriormente, portando i gestori fondi a prevedere una recessione a livello mondiale. E’ questo il risultato del sondaggio mensile di Merrill Lynch presso i fund manager, che indica come i gestori preferiscano il contante agli impieghi alternativi. L’indagine, effettuata prima delle ultime misure di salvataggio dei governi, mostra una decisa riluttanza degli investitori a detenere azioni, anche se sono considerate a buon mercato. Gary Baker — capo di Merrill della strategia sull’equity per Europa, Medio Oriente e Africa — ha sottolineato come il sondaggio sia il più pessimistico nei dieci anni di storia del report.

Non c’è discussione. E’ incredibilmente negativo.Tutti sono ribassisti sullo scenario macro

La recessione spaventa i mercati. Una sintesi dei dati provenienti dagli USA

 I mercati tornano a crollare. La scorsa settimana il rischio era di trovarci nel mezzo a una paralisi dei mercati del credito, oggi i dati macroeconomici ci fanno intuire di essere di fronte ad una probabile recessione. I dati sulle vendite al dettaglio, lo stato dell’industria a New York, il beige book della FED sono stati i fattori che hanno portato di nuovo pessimismo mettendo in ombra tra le altre cose i buoni risultati di JPMorgan, Coca Cola e Intel, nonchè l’ulteriore calo dei tassi interbancari; un discorso a parte merita l’inflazione. Sembra ormai troppo tardi per evitare la recessione.

S&P potrebbe declassare il rating di sei banche coreane, a causa delle loro difficoltà di rifinanziamento

 Kookmin Bank e altre sei compagnie finanziarie della Corea del Sud, tra cui Woori Bank e Shinhan Bank, potrebbero vedere tagliato il loro rating del settore creditizio da parte di Standard & Poor’s: La decisione è stata motivata in particolare dalle difficoltà incontrate dagli istituti creditizi nel rifinanziare i debiti che sono maturati. Hana Bank, Korea Exchange Bank e Shinhan Card Co. erano state inoltre collocate nella classifica di un’altra agenzia di rating, CreditWatch: ciò potrebbe avere dei risvolti negativi, perché significherebbe che vi sono più del 50% di possibilità che la stretta globale della liquidità sta minacciando i finanziamenti in valuta estera delle banche coreane, e quindi la loro capacità di credito.

 

La mossa, due settimane dopo che una simile azione era stata intrapresa dall’agenzia Moody’s Investors Service, va ad aumentare la pressione sul governo della nazione asiatica, sempre più costretto a seguire l’esempio dei paesi dell’Europa, di Hong Kong e dell’Australia nel garantire i prestiti bancari. Il governo non ha introdotto alcuna misura su larga scala per facilitare i finanziamenti dei prestatori. Standard & Poor’s, in proposito, è stata molto chiara:

Le banche coreane sono esposte ai rischi di liquidità delle valute estere, dato che stanno affrontando una crescente difficoltà di rifinanziamento dei prestiti maturati: il costo dei prestiti è in crescita, nonostante la loro più breve scadenza.

 

Forte penalizzazione per il settore del lusso. Bulgari teme l’effetto scure del natale di recessione

 Grande debacle per i titoli del lusso, che negli ultimi mesi hanno deluso più di altri comparti, registrando una discesa del 30%. Performance che non si vedevano da tempo e che hanno portato il comparto a trattare a multipli sotto la media storica di 12-13 volte gli utili 2008, a circa 9 volte gli utili previsti per il 2009. A dirlo sono gli analisti di Jp Morgan in uno studio inviato questa mattina ai clienti dove confermano la visione neutrale sul comparto del lusso. Dopo un primo semestre brillante, con vendite superiori al 10% e con una crescita dell’Ebit di circa il 25%, il settore ha percepito i primi piccoli segnali di rallentamento. Un ulteriore rallentamento è atteso nell’ultima parte dell’anno, ma soprattutto nel primo semestre del 2009. Infatti, nel prossimo anno secondo l’analista Melanie Flouquet si assisterà ad una contrazione della crescita dei ricavi dovuta all’impossibilità di aumentare i prezzi e alla pressione sui volumi.

Si esaurisce il rimbalzo. Negli USA e in Asia in mercati tornano a scendere, preoccupa la crescita

 Torna il segno meno sui mercati azionari dopo le sedute negative negli Stati Uniti e in Asia. Gli sforzi delle istituzioni per mettere fine all’emergenza finanziaria non hanno portato nuovi rialzi. Negli USA Henry Paulson ha annunciato misure per la ricapitalizzazione del settore bancario, dando quindi avvio al piano B.  Il Tesoro degli Stati Uniti spenderà 250 miliardi di dollari per comprare azioni delle principali banche del paese, seguendo così il percorso di rafforzamento patrimoniale delle banche portato avanti dai paesi europei. In Giappone invece la banca centrale ha promosso una forte azione di sostegno ai mercati, mettendo a disposizione liquidità a breve termine in misura illimitata alle società che ne facessero richiesta . Come anticipato ieri i mercati sono tornati a concentrarsi sulle prospettive dell’economia e sui profitti delle società, con le sedute dominate dalle preoccupazioni per la capacità di spesa dei consumatori.

Sedute negative per lo yen: la valuta asiatica perde nei confronti di dollaro, euro e persino del dollaro australiano e neozelandese

 Lo yen è in calo nei confronti delle valute principali degli altri continenti, dopo che i governi di Stati Uniti, Europa e Australia si sono impegnati a sostenere le banche, incoraggiando in tal modo gli investitori ad accrescere i patrimoni di euro, sterline e dollari australiani. Il Tesoro statunitense dovrebbe acquistare a breve le partecipazioni bancarie, tra cui quella di Citigroup Inc. e JPMorgan Chase & Co.; le nazioni europee si sono invece impegnate a versare 1,8 trilioni di dollari per garantire i prestiti.

 

Neil Jones, a capo del comparto hedge fund della società Mizuho Capital Markets a Londra, ha così commentato:

I policy maker si sono fatti sotto con le giuste iniziative per affrontare la questione del credito, e ciò rappresenta un’operazione fondamentale per ristabilire la confidenza. Queste misure faranno aumentare la propensione al rischio: gli investitori acquisteranno azioni e venderanno lo yen per le valute più competitive.

La valuta giapponese ha perso 1,8 punti percentuali a New York, raggiungendo quota 141,07 per un euro. È uno dei maggiori declini da gennaio 2001: lo yen ha perso anche nei confronti del dollaro (-0,8%) chiudendo a quota 1,3742. La moneta asiatica dovrebbe tornare a crescere verso la fine del 2008, quando raggiungerà quota 130 yen per un euro, a causa della stagnazione globale dell’economia: tale crescita futura dovrebbe anche garantire l’aumento della domanda per asset più sicuri.

La crisi ha fatto selezione nel mondo bancario, ora ci sono importanti opportunità d’acquisto secondo i gestori

 Le valutazioni degli istituti di credito lasciati in piedi dalla crisi finanziaria, soprattutto negli Stati Uniti, sono diventate molto attraenti e rappresentano un’opportunità di acquisto. Ne è convinto Paul Ehrlichman, presidente e direttore investimenti di Global Currents Investment Management che a inizio anno si dichiarava “significativamente” sottopesato sul settore finanziario.

Un rapido incremento della volatilità crea delle valutazioni mal prezzate che ci consentono di aumentare la nostra esposizione vicino al punto più basso del ciclo,

ha detto a Reuters Ehrlichman in una serie di risposte scritte.
La storia ci dice che le banche guidano il rialzo del mercato fuori dai rallentamenti legati al credito, tuttavia crediamo che il punto più basso di questo ciclo potrebbe durare più a lungo che in passato”.

Il Dow Jones mette a segno un +11,06%: nuovi target e resistenze

 A fronte delle forti oscillazioni degli ultimi giorni di contrattazione, è necessario riproporre il grafico mensile del Dow Jones Industrial Average che gia si era analizzato: il target ribassista segnalato per i prossimi mesi è gia stato raggiunto dalla attuale shadow della candela di Ottobre: motivo per cui Lunedì abbiamo assistito ad un recupero sostanzioso in termini di punti indice. Lo spunto rialzista che ha condotto il rally, è nato sia dal contatto con il canale azzurro gia precedentemente segnalato, sia dal contatto con la media mobile a 200 periodi. Per confermare il segnale di forza per i prossimi mesi, è necessario chiudere la candela attuale sopra gli 8800 punti: in questo caso potremo ipotizzare l’inizio di una nuova fase rialzista che guiderà i prezzi vicino ai massimi di sempre.

È ancora presto per definire la situazione con certezza, si rimanda quindi a fine mese per un’analisi completa.

Dal punto di vista daily il Dow Jones ha messo a segno nella giornata di ieri uno dei rialzi più vistosi di sempre: ha infatti chiusa la giornata con una performance dell’11.06% a quota 9387,61 punti indice.

Dopo la paura credit crunch questa settimana occhi puntati sull’economia reale

 Questa settimana finanziaria è iniziata in modo ottimo, con un rimbalzo a doppia cifra di tutte le più importanti piazze finanziarie. I governi delle più importanti economie sembrano essere finalmente riusciti a riportare fiducia in un mercato in preda al panico. Il G7 prima, ma soprattutto il meeting europeo, hanno riportato unità nelle politiche economiche dei vari paesi ed adesso siamo di fronte ad una azione coordinata che punta ad annullare la crisi finanziaria in corso. Abbandonate (speriamo) le paure per il collasso di tutto il settore finanziario, questa settimana torneremo a fare i conti con la realtà economica USA e con le trimestrali delle grandi compagnie quotate.