Economia: gli USA rischiano una lunga stagnazione

 Nei “forzieri” delle banche di tutto il mondo ci sono complessivamente ben 4.000 miliardi di dollari di asset tossici, ovverosia titoli spazzatura privi di valore o quasi per effetto delle operazioni finanziarie sconsiderate di questi ultimi anni. Tale stima, secondo quanto riporta sul proprio sito Internet il “Times”, che ha anticipato i dati del Fondo Monetario Internazionale, mette ancor di più in evidenza come la finanza internazionale abbia poggiato le proprie basi, prima dello scoppio della bolla, su fondamenta di argilla.

Nel dettaglio, le anticipazioni del “Times” da parte del Fondo Monetario Internazionale parlano di 3.100 miliardi di asset tossici in USA e ben 900 miliardi di dollari sparsi nel resto del mondo. Tali stime sono peggiori rispetto a quelle comunicate in via ufficiale, ed in precedenza, da parte del Fondo Monetario Internazionale, e confermano come ci si ancora molto da lavorare per uscire dal tunnel della recessione.

Tremonti: il sistema non è al collasso. Per Fmi la ripresa nel 2010

Stretta nella morsa della crisi economica l’Italia non ha ancora ben chiara l’entità dei danni che ha subito ma soprattutto che subirà. C’è chi, come il governatore di Bankitalia Mario Draghi, vede nero e prevede una forte recessione e un rapido rallentamento dell’economia italiana e chi, invece, tende a minimizzare la situazione ridimensionando l’impatto della crisi sul nostro Paese. E’ il caso del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che, in occasione della presentazione della rivista Limes, ha dichiarato che anche l’Italia sta attraversando un periodo negativo per l’economia ma che il Paese non è al collasso. Secondo il ministro Tremonti, infatti, l’Italia uscirà dalla crisi meglio di tanti altri Paesi in quanto, nonostante un elevato debito pubblico, il nostro Paese ha una velocità di crescita del disavanzo inferiore a quella di altri paesi, come Francia e Germania e un avanzo leggermente positivo contro quelli negativi degli altri paesi.

Confindustria vede un 2009 “nero” per l’economia italiana: Pil in calo del 2,5%

 Non sono certo positive le previsioni stilate dal Centro Studi di Confindustria, la Confederazione Generale dell’Industria Italiana, in relazione all’andamento dell’economia italiana per il 2009: le stime parlano infatti di un drastico calo superiore ai 2,5 punti percentuali per quanto riguarda la produzione dell’industria nel mese di gennaio appena terminato. Il dato è presente nel rapporto di Confindustria, il quale sottolinea anche un declino della produzione su base annua del 15,2% e un calo rispetto al mese di dicembre dello 0,5%. Si è dunque tornati ai livelli che erano stati raggiunti nel 1994: la riduzione della produzione era cominciata verso la fine del 2006 (attualmente si è attestata al 17,2%), periodo in cui venne raggiunto l’ultimo picco.

Anche il Giappone in recessione e al Fmi servono 100 miliardi di dollari

 Dopo l‘Europa anche il Giappone oggi è entrato in recessione mentre il Fondo monetario internazionale ha fatto sapere di aver bisogno di almeno 100 miliardi di dollari per combattere la sempre più grave crisi economica che sta minacciando il mondo. Nel frattempo, cresce l’attenzione per il settore dell’automobile, che sta attraversando un momento difficile: mentre il Senato americano inizierà a discutere oggi il piano di salvataggio, la Germania incontrerà i vertici di Opel, divisione di General Motors e la giapponese Toyota è finita sotto la lente di ingrandimento di un’agenzia di rating. I dati macroeconomici mostrano un Giappone, la seconda economia mondiale, che nel terzo trimestre scivola nella sua prima recessione negli ultimi sette anni mentre la crisi finanziaria ha ridotto la richiesta per le esportazioni giapponesi. La contrazione dello 0,1% registrata nel Paese nel trimestre luglio-settembre è stata peggiore del previsto. In termini annualizzati il Pil del Giappone è calato dello 0,4% tra luglio e settembre, deludendo attese che indicavano un progresso dello 0,3%.

Per il g20 di San Paolo necessarie politiche cordinate contro la crisi e la Bce approva

 Il gruppo delle 20 economie avanzate ed emergenti ha concordato oggi sulla necessità di un’azione coordinata contro la crisi finanziaria globale. Lo si legge nel comunicato finale diffuso al termine del vertice a San Paolo in Brasile. Nella nota si legge che le potenze devono trovare misure per ripristinare la crescita e la stabilità finanziaria e che il G20 deve giocare un ruolo chiave nel garantire la stabilità economica e finanziaria, nonché agire insieme per ridurre la volatilità del mercato e far tornare alla normalità il mercato del credito. Il G20 ha anche riconosciuto la necessità di migliorare la supervisione e la governance delle istituzioni finanziarie, nonché garantire una appropriata supervisione di istituzioni come le agenzie di rating. Il vertice ha concordato sulla necessità che le potenze garantiscano che tutti i settori della finanza siano regolati in modo appropriato.

L’Ungheria come l’Islanda, chiede aiuto al fondo internazionale monetario per far fronte alle difficoltà del sistema bancario nazionale

 La situazione finanziaria che si sta sviluppando negli ultimi giorni in Ungheria ricorda molto da vicino quello accaduto in Islanda, dove il Governo ha dovuto nazionalizzare i principali istituti bancari del paese e chieder l’intervento del Fmi, per evitare il default. Le autorità ungheresi, infatti, hanno sollecitato il sostegno della Banca centrale europea e pianificato nuove misure per la stabilizzazione del sistema bancario, nel tentativo di contenere gli effetti della crisi finanziaria e che il paese non diventi la prossima Islanda. Gli investitori hanno duramente colpito gli asset dei nuovi paesi Ue, timorosi di una fuga di flussi di fronta all’elevata dipendenza di Budapest dai capitali stranieri e al massiccio indebitamento in valuta estera. Governo e banca centrale hanno cercato di mandare un messaggio tranquillizzante e far ripartire un mercato congelato e dipendente dagli swap in valuta estera, strumenti considerati cruciali per lo stato di salute delle finanze ungheresi.

Il Pakistan si affida al FMI per sanare il suo debito: imminente l’incontro tra le due parti

 Il Pakistan, ritenuto il paese prestatore più rischioso al mondo, potrebbe cercare l’ausilio del Fondo Monetario Internazionale al fine di evitare il mancato pagamento delle sue obbligazioni debitorie: la notizia è stata annunciata da Shaukat Tarin, consulente finanziario del primo ministro del paese asiatico. La nazione dell’Asia meridionale potrebbe infatti aver bisogno di più di 6 miliardi di dollari per riassestare le sue riserve di valuta, dopo che vi è stata una riduzione del 74% lo scorso anno: per il 2009 è previsto che il Pakistan fronteggerà un debito di 3 miliardi di dollari nei costi dei servizi.

 

Standard & Poor’s ha avanzato dubbi riguardo al fatto che tale debito possa essere pagato e, conseguentemente, ha tagliato il rating di valuta straniera di lungo termine di ben sette livelli. È stato previsto che il paese asiatico potrebbe necessitare di 4,5 miliardi di dollari per fronteggiare la crisi e sta già lavorando ad alcuni progetti, tra cui quello che prevede la ricerca di prestiti presso la World Bank, la Asian Development Bank e il Department for International Development del Regno Unito.

 

Eaton Corporation, chiude lo stabilimento di Massa: la crisi finanziaria si abbatte sull’occupazione e l’economia reale?

 La Eaton ha deciso di chiudere lo stabilimento di Massa. La scelta è stata comunicata ieri mattina ai sindacati durante un incontro che si è tenuto all’associazione industriali a Carrara. Non avranno più lavoro 345 dipendenti.

Quello che lascia stupefatti sull‘atteggiamento dei politici di fronte a questa terribili crisi finanziaria è il colpevole ritardo con il quale si sono mossi e la conseguente inadeguatezza  delle misure adotattate, osservando le reazioni sempre più volte al peggio dei mercati finanziari di tutto il mondo ormai pervasi da un vero e proprio panic selling. La crisi finanziaria infatti nata oltre un anno fa in America, si sta velocemente, come previsto da tutti tranne che forse dai politici, propagando all‘economia reale, scatenando perciò le vendite in previsione di una sempre più probabile recessione globale.

Le ultime previsioni degli economisti della Bce (le staff projections, che non sono richiamate nel bollettino di ottobre), pubblicate il mese scorso e quasi sicuramente destinate ad essere riviste in peggio, davano la crescita di Eurolandia ad un tasso compreso fra l’1,1 e l’1,7% quest’anno, e fra lo 0,6% e l’1,8% il prossimo. Nel bollettino di ottobre la Bce scrive che «gli indicatori oggi disponibili segnalano il perdurare della debolezza nella dinamica di fondo della crescita dell’area dell’euro nel terzo trimestre. Secondo le prime stime del Fondo monetario Internazionale Spagna, Italia, Irlanda e Gran Bretgana saranno sicuramente in recessione già dall’ultimo trimestre dell’anno e probabilmente per tutto il 2009, con pesanti ricadute su occupazione (la Fiat ha già proclamata nuove casse integarzioni, la Merloni ha dichiarato lo stato di insolvenza) e redditi.

Il Cdm approva il piano di intervento, Berlusconi: “nessuna banca fallirà”. La situazione italiana vista dal FMI

 Dopo Inghilterra e Spagna anche l’Italia interviene con un proprio piano. Il Consiglio dei ministri svoltosi ieri a palazzo Chigi ha infatti predisposto delle misure a garanzia della solidità delle banche e a garanzia dei conti correnti dei cittadini. Evitare il fallimento delle banche non è tuttavia il primo obiettivo: la mossa del governo è indirizzata prima di tutto a riportare fiducia in un sistema che rischia di essere paralizzato dalla paura. Il fondo da 20 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle banche, cosa di cui si erano sentite voci nel pomeriggio di ieri, non esiste; tale ipotesi è stata infatti smentita direttamente dal ministro Tremonti al termine della conferenza stampa. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che prevede una procedura da seguire nel caso in cui una banca si trovi ad affrontare problemi di liquidità: la banca in questione si rivolge alla Banca d’Italia la quale valuta la necessità di effettuare un aumento di capitale; a questo punto si cercano azionisti privati e se non si trovano interviene lo Stato.