Intesa Sanpaolo focalizza l’attenzione nel Nord Africa

Intesa Sanpaolo è il nuovo gruppo bancario nato dalla fusione di Banca Intesa e Sanpaolo IMI. Ha una forte presenza internazionale focalizzata nell’Europa centro-orientale e nel bacino del Mediterraneo. Ed è proprio nel Mediterraneo che Intesa Sanpaolo ha deciso di spostare ancora di più la sua attenzione, con una presenza diretta e importante in Egitto con l’80% di Bank of Alexandria offre al gruppo una testa di ponte per nuovi investimenti nel retail, nella finanza corporate, nelle infrastrutture e magari anche nella finanza islamica.

Bankitalia: afflussi netti di 202 milioni di euro per investimenti diretti

L’investimento Diretto Estero (IDE o FDI se acronimo della definizione anglosassone Foreign Direct Investment) è un investimento compiuto da un soggetto appartenente ad un’economia (ad esempio: una società francese) in un soggetto appartenente ad un’altra economia (ad esempio: una società italiana). La capacità di un’economia di generare ed attirare investimenti diretti esteri può avere ricadute molto importanti sia sul consolidamento delle proprie aziende nazionali, sia sull’andamento dell’economia reale, gli investimenti diretti verso un Paese rappresentano sempre un’entrata di risorse finanziarie in un’economia.

Fra i paesi europei l’Italia si colloca ancora nella fascia bassa per attività di imprese estere. Questo perchè probabilamente il sistema fiscale italiano non è abbastanza attrattivo per gli stranieri e neanche il costo del lavoro è basso al punto da poter eventualmente compensare le uscite fiscali. Per Francia, Germania e Spagna l’ammontare complessivo dello stock di IDE sul PIL è rispettivamente 24,7% , 22,6%, 27,4%. Misurando la quota italiana sullo stock mondiale di IDE questa è addirittura diminuita nel periodo 1990-2000, al contrario dei principali paesi europei e degli Stati Uniti.

Etf per puntare sui paesi emergenti: ancora una buona scommessa?

Torniamo a parlare degli Etf, ed in particolare degli Etf che puntano sui mercati emergenti. Investimenti ad alto rischio, adatti soprattutto a giovani e a chi vuole diversificare il proprio portfolio. Nonostante le perdite degli ultimi tempi sono in molti a scommettere ancora su alcuni dei paesi in via di sviluppo.

Lo scorso anno molto successo lo ha avuto la Cina: il Lyxor Etf China Enterprise, Lyxor Etf Hong Kong e il ishares ftse/Xinhua China 25. E’ da sottolineare però che tra i venti peggiori Etf del 2008 sono presenti alcuni di quelli che puntano sugli indici cinesi: lo Xinhua China dall’inizio dell’anno ha subito una variazione del -28,47%, il Ftse China 2 -229,06%. La Borsa Cinese negli ultimi mesi è andata incontro a forti ribassi, da ottobre ad oggi ha bruciato 900 miliardi di dollari di capitalizzazione. Su questo hanno influito sicuramente l’euforia dello scorso anno, i forti legami con un’economia statunitense in difficoltà e un’inflazione che ha toccato i massimi da undici anni a questa parte, con un +8,7%. Non sono attese attese variazioni a breve termine.

Cina: inflazione in crescita da 11 anni, diminuisce la massa monetaria

In Cina rallenta la crescita della massa monetaria segnando a febbraio un +17,5% rispetto all’anno precedente. Lo comunica la Banca Popolare della Cina sul suo sito web. Il dato segue il +18,9% registrato a gennaio ed è leggermente inferiore al +17,8% atteso dagli economisti. Gli investimenti diretti stranieri in Cina a febbraio hanno evidenziato un aumento del 38%, alimentando i timori per la crescita della liquidità e dell’ inflazione. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente gli investimenti stranieri sono saliti all’equivalente di 6,9 miliardi di dollari, facendo totalizzare nei primi due mesi del 2008 un rialzo del 75% a 18,1 miliardi di dollari.

La Grameen Bank: Yunus presta ai poveri a tassi agevolati

Le banche dei poveri sono istituti bancari che operano, soprattutto nei paesi del Terzo Mondo, nel campo della microfinanza, erogando servizi finanziari (quali, ad esempio prestiti, gestione del risparmio ed assicurazioni) caratterizzati da importi unitari molto bassi (equivalenti a pochi euro o decine di euro) a soggetti che il settore bancario tradizionale considera non solvibili. L’intuizione di un economista del Bangladesh Muhammad Yunus (il terzo bengalese a ricevere il Nobel) è stata duplice: che i poveri, se hanno una possibilità, sono migliori debitori rispetto ai ricchi. Pagano i debiti con assai maggior coscienza etica dei ricchissimi che, in molti casi, ricorrono alla bancarotta pur di non onorare i propri. La seconda è che, se è vera la prima intuizione, bisogna puntare sui poveri tra i poveri: le donne, ad esempio, segmento sociale reietto e considerato, in molte società, cittadinanza di serie B, bisogna considerare che le donne allevano figli e regolano piccole economie famigliari.

Yunus, il banchiere dei poveri comincia la sua avventura rischiando i primi soldi di tasca propria a metà degli anni Settanta promuovendo una ricerca che studi un nuovo sistema di credito per i contadini poveri della regione. Negli anni il progetto si trasforma nella “Grameen Bank”, la banca rurale dei poveri che presta a tassi agevolati. Tuttavia la politica dei prestiti è esattamente il contrario quella delle normali banche: si può ottenere il prestito solo se si è poveri davvero. L’iniziativa asiatica di Yunus è stato accolta con grande entusiasmo da economisti e premi Nobel, a tutte le latitudini, ed ha permesso a 30 milioni di poveri, in soli vent’anni, di tirarsi fuori dall’indigenza assoluta.

Sviluppo sostenibile e obiettivi del millennio

Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie. In altri termini, la crescita odierna non deve mettere in pericolo le possibilità di crescita delle generazioni future. Le tre componenti dello sviluppo sostenibile sono: quella economica, la sociale ed infine ambientale e devono essere affrontate in maniera equilibrata.

In occasione del vertice del millennio nel 2000, la Comunità internazionale ha adottato la Dichiarazione del millennio impegnandosi in un progetto mondiale destinato a ridurre significativamente la povertà estrema nelle sue diverse dimensioni. Associati alla dichiarazione del millennio, gli obiettivi di sviluppo sono: ridurre la povertà e la fame nel mondo; assicurare l’istruzione primaria per tutti; promuovere la parità fra i sessi; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l’HIV/AIDS e altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; partecipare ad un partenariato globale per lo sviluppo. Per realizzare questi obiettivi entro il 2015, l’Unione europea (UE) ha assunto impegni concreti. La Commissione ha più volte sottolineato come la Comunità e gli Stati membri abbiano già apportato un notevole contributo alle iniziative della Comunità internazionale, difatti l’Unione europea è diventata il principale donatore, in quanto fornisce il 55% dell’aiuto pubblico allo sviluppo mondiale.

Paradisi fiscali: rischio o opportunità?

I Paradisi fiscali sono particolari zone geografiche in cui il regime di tassazione è molto basso o nullo. In genere questo trattamento è riservato ai non residenti con lo scopo di attrarre gli investimenti ed i risparmi di questi ultimi. I liberi cittadini in questo modo trovano un rimedio per sfuggire alla voracità del fisco uscendo dall’ambito strettamente nazionale per rifugiarsi in luoghi sicuri, per sé e per il proprio capitale, per i propri investimenti e per il proprio futuro.

 

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato una lista di 35 paesi considerati paradisi fiscali, minacciandoli di sanzioni se non provvedono a riformare il loro sistema fiscale. I 35 paradisi fiscali sono accusati dall’OCSE di praticare una concorrenza fiscale pregiudizievole, cercando di attirare i privati e le società che vogliono evitare di pagare imposte nel proprio paese. La lista comprende Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Bahrein, Barbados, Belize, isole Vergini britanniche, Guernesey, isole Cook, Dominica, Gibilterra, Grenada, l’isola di Man, Jersey, Liberia, Liechtenstein, Maldive, isole Marshall, Monaco, Montserrat, Nauru, Antille olandesi, Niue, Panama, Saint-Kitts e Nevis, Sainte-Lucie, Saint-Vincent e Grenadine, Samoa occidentali, Seychelles, Tonga, isole Turk e Caicos, isole Vergini americane, Vanuatu.

Etf, il loro successo nel mercato italiano, vantaggi e svantaggi

Attualmente sono 221 gli Etf quotati nella Borsa italiana. Nel 2003, un anno dopo il loro debutto, avevano il valore di 530 milioni di euro, alla fine del 2007 10 miliardi. I contratti scambiati sono passati da essere 54’000 nel 2003 a 1’300’000 per un controvalore di 31,8 miliardi. Proprio nel mese di gennaio è stato registrato il record di contratti scambiati in un solo giorno: ben 16’000.

Il successo di questo strumento finanziario è principalmente dovuto al basso costo (i costi sono quelli insiti nel fondo che ci sceglie), addizionato poi alla vasta possibilità di scelta generata dalla fortissima crescita di sottostanti. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un boom dei sottostanti di mercati emergenti (paesi asiatici, in particolare India, e paesi sudamericani, i più richiesti in assoluto.

Millennium®: il legante “antismog” di Italcementi

Italcementi nasce nel 1864 in provincia di Bergamo come Società Bergamasca per la Fabbricazione del Cemento e della Calce Idraulica. Nel 1925 ottiene la quotazione in Borsa, e dopo 2 anni assume l’attuale ragione sociale. In Italia la società si è sviluppata grazie ad un attento piano di investimenti ed incorporazioni di altre aziende cementiere raggiungendo rapidamente una forte posizione sul mercato, fino a diventare il primo produttore di cemento del paese. A partire dalla seconda metà degli anni 90 il Gruppo ha rilanciato il processo di diversificazione geografica attraverso una serie di acquisizioni in Paesi emergenti come Bulgaria, Marocco, Kazakhstan, Tailandia, India oltre a operazioni condotte in Nord America. Attualmente il gruppo è presente, con oltre 21.800 dipendenti, in 19 paesi su 4 continenti.

Brasile: rallenta la Borsa, è ora di investire nel mercato immobiliare?

Secondo l’indice Msci (Morgan Stanley Country Index) dei mercati emergenti il Brasile ha superato la Cina registrando una capitalizzazione di mercato di 509,10 miliardi di dollari (14,95%) contro i 481,80 (14,15%) del paese asiatico.

Le importazioni hanno dato un’accelerata improvvisa negli ultimi mesi passando dal +40% di novembre al +46,9%. Nel mese di gennaio le importazioni dei beni di investimento sono salite del 56,9% rispetto al 2008; a favorire questo trend il deprezzamento del dollare rispetto al Real, la valuta brasiliana, che permette alle aziende brasiliane di acquistare strumenti tecnologici innovativi e migliorare la propria azienda.

Nel frattempo secondo gli analisti di Citigroup però la Borsa brasiliana subirà un brusco rallentamento in questi primi mesi del 2008. Nel 2007 con 63 nuove quotazioni le aziende hanno raccolto in totale 30,8 miliardi di dollari di capitali contro i 14 milioni ottenuti con la sola Ipo che c’è stata da metà dicembre ad oggi. Questo sarebbe dovuto alla volatilità del mercato a causa del quale gli ultimi titoli quotati hanno registrato un calo in media del 6,4%.

Hsbc si salva dai mutui subprime grazie ai paesi emergenti

Il colosso bancario ha annunciato profitti in crescita. Con un utile in salita del 17,9% rispetto al 2006 sembra che la crisi dei mutui subprime non abbia colpito la Hsbc, la terza banca del mondo e prima in Europa per capitalizzazione. Nello specifico la banca britannica ha registrato un utile per aziono di 1,65 euro, un utile pretasse di 24,2 milioni di dollari (+10%) ed un utile operativo a 13,6 milioni (+21%).

Un tale incremento del profitto è dovuto principalmente all’attività nei mercati emergenti, soprattutto nell’area asiatica, dove i profitti sono cresciuti del 70%. In questo dato non è stata ovviamente calcolata Hong Kong, sede del gruppo bancario fino al 1991, e fonte di guadagni per almeno il 22%. Esclusa quest’area va comunque detto che la maggior parte dei suoi ricavi provengono dall’estero e solo una piccola parte dalla Gran Bretagna.

Sud Africa: Mondiali e metalli preziosi, ma non solo

Continua il nostro “giro del mondo dei mercati”. Qualche giorno fa abbiamo cercato di capire se l’Africa stesse incominciando ad alzare la testa e se fosse giunto il momento di investire nel continente nero. Il paese africano che però la testa l’ha alzata già da molto tempo è il Sud Africa. Vedremo quali opportunità offre e se può essere considerato un “paese emergente”.

Il Sud Africa ha ormai una stabilità ed una credibilità tale da poter essere visto come un paese già “emerso”: la sua economia ha giovato, e giova tuttora, delle risorse che possiede in particolare metalli preziosi, come oro e platino, di cui è il maggior estrattore mondiale, e diamanti. In passato la sua economia era totalmente legata a questo settore, mentre ora grazie ad una maggiore diversificazione verso l’agricoltura, il settore finanziario ma anche il settore manifatturiero, sembra esservi meno intrecciata.

Malesia, una scommessa vincente per il 2008?

Un inizio 2008 non positivo per i listini asiatici: l’Msci Far East ha perso il 14% sulla scia dei timori per la recessione Usa e il susseguirsi di “cattive notizie”. In uno scenario al ribasso la Malesia ha invece registrato una performance positiva, risultando il listino più difensivo. Spesso sottovalutato, questo paese non è da tenere d’occhio solo come meta di viaggi, ma anche per la sua economia altamente industrializzata e con un tasso di crescita del Pil del 6,3% nel 2006 e del 5,9% nel 2007.

Specializzata in produzione di componenti elettroniche ed assemblaggio veicoli, nel’ultimo anno ha anche registrato una crescita del settore dei servizi del 9,6%. La produzione industriale resta comunque il settore trainante, grazie anche all’aumento costante degli investimenti privati.

Il governo ha cercato negli ultimi anni di favorire la crescita degli investimenti stranieri, aumentando le agevolazioni e gli sgravi fiscali. I soggetti stranieri ad esempio possono acquistare fino al 70% dei trust di investimento immobiliare come di compagnie generali di gestione fondi.