Cala il mercato immobiliare Usa: i consumatori ancora non si fidano

 Non accenna a fermarsi il pessimo momento che sta vivendo il mercato immobiliare statunitense, il quale continua inesorabilmente a declinare. L’indicatore più emblematico di questa tendenza è stato sicuramente l’indice S&P Case-Shiller, che misura il prezzo degli immobili nelle prime venti città degli Stati Uniti: ebbene, questo indice ha fatto registrare una flessione su base mensile del 2,8% nel mese di gennaio (su base annua il declino raggiunge il 18,97%, un record assolutamente negativo). Ancora peggiore è stato inoltre il calo fatto riscontrare dai prezzi delle abitazioni per quanto riguarda le prime dieci metropoli americane (-19,4%). Per entrare nel dettaglio bisogna sottolineare che la città che ha registrato la peggior flessione a gennaio rispetto al mese precedente è stata Phoenix (Arizona), con un calo di 5,5 punti percentuali, mentre la città che si è comportata meglio è stata Dallas (Texas) che ha limitato i danni con la minor differenza di prezzo delle abitazioni rispetto al 2007, uno degli anni peggiori da questo punto di vista.

“Dalle stelle alle stalle”: le agenzie di rating criticate per i giudizi troppo generosi

 Sta mutando in maniera repentina la fiducia nei confronti delle agenzie di rating; se in passato venivano acclamate per i loro giudizi puntuali e fondamentali per il settore economico, ora esse si trovano ad essere severamente criticate, tanto che il prossimo G20 che si terrà a Londra ha già messo tra le sue priorità la regolazione e supervisione di queste società, anche le più autorevoli, a causa dei giudizi troppo generosi che sono stati prodotti negli ultimi tempi. Questa eccessiva generosità di giudizio ha finito per minare gli interessi degli investitori. Sono dunque tempi difficili questi per agenzie celebri e illustri come Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch: queste ultime non vengono più considerate come in passato dei punti di riferimento essenziali per chi investe in titoli obbligazionari.

Analisi Tecnica: panoramica delle commodities più importanti

 Una panoramica delle Commodities mostra una situazione controversa: per quanto riguarda il seguitissimo Gold, vediamo che c’è stato un primo attacco alla trend-line che tiene il rialzo iniziato ad Ottobre 2008, con conseguente recupero immediato da parte dei prezzi. Attualmente, il trend rimane invariato, ma una nuova discesa con violazione del minimo posto a 883 sul future invertirà le tendenze di medio periodo consentendo un atterraggio in area 770 punti.
Scambi sostenuti, ma in leggerissimo calo sul Crude Oil che rompe il livello chiave posto a 47 dollari. Se lo stesso reggerà alle pressioni dovute alle prime prese di profitto, il target price è ora 70 euro per iniziare.

L’Ocse vede un futuro nero per l’occupazione, ma Sacconi rimane ottimista

 L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economici) ha nuovamente lanciato l’allarme sul problema dell’occupazione: si prevede infatti che il tasso di disoccupazione delle principali nazioni industrializzate possa raggiungere valori a due cifre entro il 2010. Il rapporto è stato pubblicato nel corso del summit sociale del G8 che è cominciato in questi giorni a Roma. Già il dato sulla disoccupazione relativa al 2009 non era positivo (tasso di disoccupazione al 6,9% nelle principali economie mondiali), ma si prevede anche un incremento esponenziale di persone senza lavoro nei prossimi due anni. Come precisa lo stesso rapporto:

Se questi dati dovessero venire confermati, si arriverebbe ad una crisi simile, se non peggiore, a quella verificatasi negli anni ’70 e ’80, all’indomani dei famosi shock petroliferi. Bisogna dunque intervenire immediatamente.

Nonostante questi cattivi “presagi”, il ministro del lavoro Maurizio Sacconi si mostra ottimista, ritenendo la crescita della disoccupazione molto più lenta rispetto a quella che si sta verificando negli Stati Uniti.

Nel 2008 a Piazza Affari le aziende perdono 16 miliardi di utili

Inutile dire il contrario: la grave recessione globale sta lasciando il segno sull’economia italiana. A risentirne sono soprattutto le imprese e in particolare quelle quotate in Borsa. Queste ultime infatti hanno registrato nel 2008 ricavi per 37,6 miliardi di euro contro i 53,7 totalizzati nel 2007. Con la crisi, quindi, Piazza Affari ha “bruciato” la bellezza di 16 miliardi di euro, pari a quasi un terzo dei profitti registrati nel 2007. Nonostante dalle borse mondiali arrivino i primi segnali di ripresa, con perdite che sono state dimezzate grazie al recupero del settore bancario in particolare negli USA, in Italia i listini sono ancora dominati dal segno meno.