Per Warren Buffett non esiste crisi: 3 miliardi per General Electric mentre Berkshire Hathaway vola

 Per Warren Buffett non c’è crisi e le sue mosse delle ultime settimane fanno capire che è arrivato il momento di mettere mano al portafogli. La Berkshire Hathaway, la società di cui detiene una buona fetta del capitale, a giugno aveva 31,2 miliardi di dollari di liquidità nelle proprie casse, soldi in parte già investiti per approfittare degli ultimi ribassi dei mercati azionari. Di settimana in settimana infatti entrano nuove società nella lista di partecipazioni detenute da Berkshire Hathaway e il mercato sembra premiare l’attenta gestione degli investimenti promossa da Buffett. Niente titoli ad alto rischio, ma solo società dai solidi fondamentali. Ultime in ordine temporale Goldman Sachs e General Electric.
Ma andiamo con ordine. A marzo è stata acquistata Marmon Holdings per 4,5 miliardi di dollari; ad aprile Berkshire Hathaway ha fornito a Mars (quella degli snack) 6,5 miliardi di dollari per l’opa su Wm. Wrigley Jr (il primo produttore mondiale di gomme da masticare); a luglio invece è stato siglato un patto da 3 miliardi di dollari con Dow Chemical per l’acquisto di Rohm & Haas.

Le società statunitensi premono per una soluzione della crisi: quest’ultima potrebbe coinvolgere l’intera economia

 I dirigenti della Microsoft Corp. e della Office Depot Inc., società specializzata nei prodotti per ufficio, hanno annunciato che il fallimento del tentativo del governo statunitense per salvare l’industria bancaria mette a repentaglio l’intera economia, se non si provvederà immediatamente a instaurare una seria trattativa. Secondo Brad Smith, membro del consiglio generale della Microsoft:

I vari settori dell’economia sono collegati in maniera così intricata che vi sarà bisogno di riconoscere che l’intera economia dipende da ciò che accade qui.

Sembra sempre più probabile l’approvazione del piano Paulson. I mercati rimbalzano grazie al Senato

 I mercati restano estremamente volatili nell’attesa di notizie definitive in merito al piano di salvataggio. Stanotte a Wall Street l’indice S&P 500 ha guadagnato più del 5% grazie alla volontà espressa dal Senato di mettere ai voti e approvare il piano di salvataggio entro domani. Quella di cui si parla adesso è però una versione modificata del piano Paulson in quanto la FDIC (Federal Deposit Insurance Corp) si impegnerà adesso a garantire depositi per 250’000 dollari dai precedenti 100’000 dollari. Sono quindi offerte maggiori garanzie ai clienti delle banche insieme a sgravi fiscali per i prossimi anni. Il tentativo è quello di far accettare ai cittadini la pillola amara del soccorso di istituzioni finanziarie considerate alla stregua di parassiti. L’approvazione da parte del Senato e i recenti scossoni subiti dal mercato metteranno ulteriori pressioni in capo alla Camera dei Deputati la quale si esprimerà giovedì dopo aver rifiutato di approvare il piano lunedì.

I target di Tenaris

 Giornata fortemente negativa per gli indici italiani, trainati al ribasso da una serie di Blue Chips che hanno registrato performance negative da panic-selling.

Tra queste, spicca sicuramente il ribasso di Tenaris che in una sola giornata perde il 11,13 % chiudendo a quota 12,94.

I venditori sono usciti dalla Piazza solamente dopo aver chiuso un gap-up di lunga data, quello del 21-02-2008 situato a 12,99-13,18.

Da diversi giorni la media mobile a 55 periodi funge da resistenza per i prezzi: nessuno si poteva aspettare un’accelerazione simile, ma il target era sotto gli occhi da tempo (il gap sopraccitato).

Le banche centrali dell’Asia reagiscono alla mancata approvazione del piano Paulson: nuovo denaro circolerà nei sistemi monetari

 Le banche centrali dei paesi che vanno dall’Australia al Giappone hanno immesso nuove quantità di denaro nei loro mercati monetari ed hanno inoltre promesso di voler procedere a piccolo passi verso l’attenuazione della carenza di credito, all’indomani della mancata approvazione del piano statunitense di salvataggio finanziario da 700 miliardi di dollari. In particolare, le banche centrali di Giappone e Australia hanno immesso 20,8 miliardi di dollari nel sistema finanziario e i policy maker di Corea del Sud, India e Hong Kong si sono impegnati a fare lo stesso se dovesse rendersi necessario. Le riserve asiatiche sono crollate, contribuendo così al prolungamento della peggior liquidazione degli ultimi 21 anni, a causa della profonda crisi finanziaria che minaccia di spingere le economie alla recessione.

 

La produzione industriale giapponese è scesa come non accadeva dal 2003 e in Corea del Sud si è verificato un calo delle spedizioni oltreoceano, il quale ha incrementato il deficit della nazione asiatica. Secondo Shane Oliver, a capo della sezione investimenti della società australiana AMP Capital Investors di Sydney:

Questa situazione sta coinvolgendo tutto il mondo. Il risultato finale sarà quello di assistere a un taglio globale dei tassi.

 

La reconquista spagnola parte dalle banche: le meno colpite dalla crisi: ecco perchè

 Fa abbastanza impressione vedere come in una situazione di crollo del sistema finanziario determinato dalla crisi dei mutui e quindi dal crollo del mercato immobiliare,  nel paese europeo che proprio da esso ha tratto gran parte della linfa vitale per la sua economia, le sue due principali banche risultino essere forse le meno esposte in tutta Europa fra i grandi colossi del credito. E’ notizia di ieri, infatti, che il Santander, tramite la sua controllata Abbey abbia acquistata tutta la divisione commerciale di Bradford & Bingley, che ha dovuto alzare bandiera bianca. Dopo 5 secoli insomma la invincibile armada, questa volta finanziaria, sembra gustare la sua grande rivincita sulla perfida Albione, che sembra ormai il paese in Europa maggiormente colpito da questa terribili crisi finanziaria.

I mercati tremano. La reale importanza del piano Paulson all’indomani della mancata approvazione

 Continua a peggiorare lo stato della crisi dei mercati finanziari, ma ciò che più conta è che il mercato sembra in preda soltanto alla paura: paura di nuovi fallimenti, paura della recessione e paura che il mercato scenda ancora. Siamo davanti ad un circolo vizioso: ieri Wall Street è arrivata a perdere il 9% a causa della mancata approvazione del piano Paulson, la paura che ne è seguita ha contratto ulteriormente il mercato interbancario (c’è un interessante articolo sul sole24ore a proposito) con il risultato che trovare liquidità a prestito è praticamente impossibile. In pratica la paura che le banche non vengano salvate riduce l’ammontare di liquidità disponibile per le banche stesse, il risultato è che i problemi peggiorano. E se fallissero altre banche l’economia potrebbe risentirne in modo significativo, visto il ruolo del settore bancario all’interno dell’economia.

Il rischio contagio sconvolge i mercati in Europa, le banche centrali e i governi devono fare fronte comune e intervenire.

 Quello che sta succedendo questa mattina sui principali listini del vecchio continente, è metaforicamente parlando, come uno di quegli attacchi decisivi durante una lunga guerra, in cui uno dei due contendenti, in questo causa la paura o il panic selling, utilizzando un gergo borsistico, si prepara a sferrare forse uno dei più decisi attacchi contro l’avversario, in questo caso rappresentati dalla stabilità e dalla fiducia nei mercati, ormai scesa a livelli vicinissimo allo zero. Ecco perchè occorre, a questo punto, una pronta ed immediata controffensiva da parte delle istituzione finanziarie Europee, sulla scorta di quello che il piano di Paulson, sebbene con all’interno molte contaddizioni ed aspetti negativi, sembra essere per gli Sati Uniti.

Fortis, Bradfort e Bingley, Hypo Real Estate: le banche europee non sono immuni alla crisi. Intervengono i governi

 Dopo gli sconvolgimenti delle ultime settimane che hanno colpito Wall Street e mentre l’attenzione è rivolta all’approvazione del piano USA da 700 miliardi di dollari possiamo dire che la crisi finanziaria è arrivata anche in Europa e con essa gli interventi statali di salvataggio delle banche in difficoltà. Questa settimana infatti si apre con il salvataggio della belga Fortis, dell’inglese Bradford & Bingley e della tedesca Hypo Real Estate. Intanto nel mercato europeo crollano i titoli del settore bancario a causa principalmente delle difficoltà che sta trovando il governo americano nel far approvare dal congresso il piano Paulson. Belgio, Olanda e Lussemburgo metteranno in campo 11,2 miliardi di euro per salvare Fortis, gruppo bancario-assicurativo crollato in borsa la scorsa settimana per i timori di una imminente crisi di liquidità simile a quella che ha determinato il fallimento di Lehman Brothers.

Lo Stato belga pagherà 4,7 miliardi per il 49% delle attività bancarie di Fortis in Belgio, operazioni simili in Olanda (4 miliardi) e Lussemburgo (2,5 miliardi inizialmente sotto forma di prestito). Per reperire fondi la società sarà probabilmente costretta a vedere le attività retail di ABN Amro (pagate 24 miliardi), comprate giusto un anno fa in occasione dell’OPA lanciata insieme a Royal Bank of Scotland e Santander.