Fannie Mae e Freddie Mac a rischio insolvenza, i mutui subprime colpiscono ancora

Fannie Mae e Freddie Mac, le due agenzie a garanzia pubblica specializzate nei mutui ipotecari sono a rischio insolvenza. Aumenta infatti la probabilità che il governo americano debba ricorrere a un salvataggio delle due società travolte dal collasso dei mutui subprime. In un intervista comparsa su Bloomberg, William Poole ex presidente della Federal Reserve di St.Louis, spiega che Freddie Mac ha debiti che superano di 5,2 miliardi di dollari il valore dei propri asset nel primo trimestre. Non se la cava meglio Fannie Mae, il cui effettivo valore degli assett è calato del 66% a 12,2 miliardi di dollari e potrebbe quindi essere negativo nel trimestre successivo.

Non è dello stesso parere il segretario del Tesoro Usa, Henry Paulson il quale ha affermato davanti al Comitato sui servizi finanziari della Camera:

Fannie Mae e Freddie Mac, stanno solo passando attraverso il periodo impegnativo di una decisa crisi del settore abitativo che ha colpito il mercato del credito. I due gruppi continuano a ricoprire un ruolo importante nell’attuale mercato immobiliare ed è necessario che lo facciano anche in futuro.

Sfiducia nei mercati finanziari, attenzione sul boom dei mercati emergenti

Le origini delle attuali turbolenze vanno ricercate in una eccessiva propensione al rischio indotta da un lungo periodo di bassi tassi di interesse e dalla ricerca di rendimenti elevati da parte degli investitori. Il contesto economico caratterizzato da bassi tassi di interesse che ha contraddistinto gli Stati Uniti a partire dal 2001 ha determinato un aumento del volume dei mutui ipotecari per l’edilizia residenziale e, di conseguenza, un aumento dei prezzi degli immobili. In altri termini, mutui subprime sono stati erogati a clienti con profilo di rischio elevato e precedenti sfavorevoli in materia di crediti. Negli Usa oggi è atteso il discorso di Bernanke oltre al dato relativo alle vendite di case pendenti ed al credito al consumo.

Opec: il caro greggio deriva dalla speculazione, ma Arabia Saudita annuncia aumento produzione

La speculazione è all’origine del caro petrolio, vicino ai 140 dollari al barile. Ne è convinta la maggior parte dei paesi produttori, che ieri si sono confrontati con gli stati consumatori alla conferenza di Gedda, in Arabia Saudita. Presenti i ministri per l’Energia di oltre 30 paesi. L’Arabia Saudita ed il Kuwait dichiarano che l’Opec dovrebbe aumentare la produzione se il mercato lo dovesse richiedere. L’Arabia Saudita ha infatti deciso di aumentare ulteriormente, entro luglio, la propria produzione di greggio, portandola a 9,7 milioni di barili il giorno: lo ha annunciato re Abdullah in apertura dei lavori del vertice di Gedda, dedicato appunto al rincaro dei prezzi petroliferi e alle sue conseguenze.

Wall Street chiude positiva: in evidenza Intel, sottotono bancari e petroliferi

Chiusura positiva per la borsa di New York nonostante nei giorni scorsi gli indici erano stati frenati dai dati sulla disoccupazione Usa che hanno parzialmente

Libor: BBA annuncia controlli più severi

Il Libor è il London Interbank Offered Rate (tasso interbancario ‘lettera’ su Londra), un tasso di riferimento per i mercati finanziari. Si tratta di un

Medvedev: Occorre primo piano della Russia nell’economia globale, non più egoismo economico degli Usa

Non importa quanto è grande il mercato americano né quanto è forte il sistema finanziario americano: non sono in grado di sostituirsi ai mercati globali”. Gli Usa non bastano anche se la loro presenza nel mondo può dare questa impressione. Non solo: hanno fallito. L’incapacità dei grandi gruppi nel considerare i rischi connessi alle loro strategie e le politiche aggressive della più grande economia del pianeta non ha portato solo a perdite finanziarie, ma hanno impoverito il mondo.

Questo l’attacco di Dimitri Medvedev, nuovo presidente russo sferrato agli Stati Uniti nel corso del Forum economico di San Pietroburgo. Quanto sta accadendo, secondo Medvedev, è la più grave crisi dal 1930 ed è figlia dell’ “egoismo economico” da parte degli Usa che ha penalizzato e continua a penalizzare anche la Russia alla ricerca di norme condivise per potere investire all’estero così come consente alle imprese estere di investire in Russia.

Bradford & Bingley crolla alla Borsa di Londra: torna il panico per i mutui suprime

Le Borse mondiali tornano a temere per la crisi dei mutui subprime. La responsabilità è del “profit warning” lanciato da Bradford & Bingley, uno dei principali operatori del settore in Gran Bretagna, che alla Borsa di Londra oggi è crollata fino al 27%. La società ha annunciato per il primo quadrimestre dell’anno condizioni economiche difficili, perdite lorde per 8 miliardi di sterline nei primi 4 mesi del 2008 a causa della sua esposizione ai crediti immobiliari. La società di mutui è stata sospesa sul mercato britannico, con i dealer che vedevano un’apertura in ribasso del 27% proprio a causa dei risultati 2008. L’ annuncio sui dati solleva ancora una volta dubbi sulle prospettive a breve per la società e per il mercato britannico dei mutui nel suo complesso.