EADS in difficoltà per i costi di aerei militari: non va meglio per Boeing

 La European Aeronautic, Defence & Space Co., compagnia proprietaria della società di costruzione di aerei Airbus, ha annunciato che i guadagni per il 2008 saranno superiori rispetto alle precedenti previsioni di profitto: tale incremento è stato sicuramente favorito dalla spedizione di numerosi jumbo A380, soprattutto al fine di contrastare il rallentamento della produzione della Boeing Co. EADS ha guadagnato il 3,7% alla borsa di Parigi proprio dopo che il direttore generale, Louis Gallois, ha fatto sapere che i guadagni per il 2008 supereranno i previsti 1,8 miliardi di euro. Il reddito netto per il terzo trimestre della società francese era pari a 679 milioni di euro, a fronte di una perdita causata dai costi per i ritardi nell’aereo da trasporto militare A400M.

 

Airbus, maggiore azienda al mondo per quanto riguarda la costruzione di aerei commerciali, ha messo a disposizione una decina di A380 a due piani sin dallo scorso anno: tali vetture sono state fornite a diverse aziende, tra cui la Singapore Airlinese Ltd. e la Emirates. Tra l’altro, la Boeing è stata di recente danneggiata notevolmente dal grave sciopero di otto settimane da parte dei macchinisti: la società statunitense sta comunque portando a compimento la costruzione di alcuni modelli 747 da immettere sul mercato.

Anche il Giappone in recessione e al Fmi servono 100 miliardi di dollari

 Dopo l‘Europa anche il Giappone oggi è entrato in recessione mentre il Fondo monetario internazionale ha fatto sapere di aver bisogno di almeno 100 miliardi di dollari per combattere la sempre più grave crisi economica che sta minacciando il mondo. Nel frattempo, cresce l’attenzione per il settore dell’automobile, che sta attraversando un momento difficile: mentre il Senato americano inizierà a discutere oggi il piano di salvataggio, la Germania incontrerà i vertici di Opel, divisione di General Motors e la giapponese Toyota è finita sotto la lente di ingrandimento di un’agenzia di rating. I dati macroeconomici mostrano un Giappone, la seconda economia mondiale, che nel terzo trimestre scivola nella sua prima recessione negli ultimi sette anni mentre la crisi finanziaria ha ridotto la richiesta per le esportazioni giapponesi. La contrazione dello 0,1% registrata nel Paese nel trimestre luglio-settembre è stata peggiore del previsto. In termini annualizzati il Pil del Giappone è calato dello 0,4% tra luglio e settembre, deludendo attese che indicavano un progresso dello 0,3%.

Avvio di settimana negativo per Piazza Affari. Bene petroliferi e Fiat, giù banche e Parmalat

Non inizia bene la settimana per la Borsa italiana. Apre, infatti, in rosso la prima seduta settimanale Piazza Affari seguendo la scia delle altre borse europee. A pesare sull’andamento delle borse contribuiscono le notizie giunte dal G20: il vertice, infatti, non ha raggiunto dei risultati concreti e comuni per far fronte alla crisi internazionale ma si è limitato a tracciare semplici linee di principio. Influiscono sui mercati europei anche i dati macroeconomici internazionali che confermano la recessione del Giappone e la contrazione del Pil francese nel quarto trimestre. Intanto, dovrebbero arrivare in mattinata altri dati sulla Bilancia commerciale di settembre nella zona dell’Euro, la pubblicazione dell’Empire State Index di novembre  negli Stati Uniti e i dati sulla produzione industriale americana di ottobre. Tornando ai mercati, a Piazza Affari aprono in negativo i principali indici ed in particolare il mercato dei derivati.

Credit crunch: Draghi pensa alla BCE come controparte nel mercato interbancario

 Secondo Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial Stability Forum, la situazione critica del mercato interbancario è un problema che deve ancora essere risolto. Lo spread (differenza) tra l’Euribor e i tassi di interesse indicati dalla BCE resta infatti a livelli alti, come evidenziato dal grafico presente nella seconda parte di questo articolo. In particolare la differenza tra Euribor 12 mesi e tassi si mantiene sopra ai 100 punti base ed indica che siamo ancora in mezzo ad una fase di credit crunch (stretta creditizia). Le banche evitano di prestarsi soldi a vicenda e questo aggrava una situazione già complicata in cui è difficile reperire liquidità sul mercato. Questa situazione preoccupa Draghi, tanto che ha ipotizzato l’utilizzo delle Banche centrali come controparti di ogni scambio sul mercato interbancario in modo da ridurre i rischi per chi presta denaro e quindi ridurre i tassi richiesti. Riportare la normalità sul mercato interbancario è il primo passo da compiere per affrontare i problemi dell’economia reale in quanto è l’unico modo per garantire che le banche continuino a erogare credito alle imprese.

Analisi Tecnica: nuovi target per il Dow Jones Industrial Average

 Nell’ultima seduta della settimana il Dow Jones stupisce a fine giornata con un ribasso vertiginoso: -3,82% nell’ultima ora scarsa. A livello weekly, la candela registra un -4,99% di performance, con un massimo in area 9159,58 punti indice, e un minimo di 7965,42 punti; la chiusura a 8297,31 si “appoggia” perfettamente sulla parte bassa del canale verde che, nonostante la pressione costante dei venditori, non viene ancora violato con decisione. In conclusione non vi sono segnali particolari sul grafico weekly: mantenere alta l’attenzione su questo time frame poiché nelle prossime settimane potrebbe rivelarsi l’intenzione del Mercato per il medio periodo: a seconda degli sviluppi bisognerà individuare la partenza di un nuovo mercato toro, o la continuazione del ribasso in corso da ormai un anno a questa parte.

Proiezioni negative per GM: liquidazione certa in caso di bancarotta

 Il crollo del titolo di General Motors Corp. dovrebbe costare al governo statunitense  più di 200 miliardi di dollari e costringerebbe la casa automobilistica americana alla liquidazione, secondo quanto rivelato da una previsione della società. Un crollo di GM significherebbe dunque un maggiore aiuto nei confronti di specifichi stati come il Michigan, Ohio e Indiana: è questa l’opinione di Nariman Behravesh, economista della società IHS Global Insight Inc. di Lexington (Massachusetts). La proiezione dello stesso Behravesh di un piano industriale tra i 100 e i 200 miliardi di dollari verrà dibattuto la prossima settimana al Congresso statunitense, anche per sostenere società come la Ford Motor e la Chrysler LLC.

 

Lo scorso 7 novembre GM aveva annunciato che vi erano concrete possibilità che non ci fosse abbastanza denaro per le operazioni della società entro la fine di quest’anno, nonostante sia stato apportato nuovo capitale e il mercato automobilistico si sia ripreso dalla sua peggiore crisi di vendite degli ultimi 17 anni: la società statunitense ha al momento bisogno di 11 miliardi di dollari per pagare i suoi addebiti mensili. Mentre vi sono alcuni investitori, tra cui Wilbur Ross, che fanno sapere che il collasso di GM creerebbe una situazione realmente caotica che si concluderebbe con la liquidazione, altri, come William Ackman, affermano che la compagnia automobilistica avrebbe occasione di riorganizzarsi in tribunale.

 

Eni interessata ad entrare nel capitale Repsol?

 Gazprom, il gigante energetico russo ha annunciato di non essere interessato all’acquisto del 20% del colosso petrolifero spagnolo Repsol, messo in vendita da Sacyr. Questa notizia è arrivata per porre un freno alle numerose indiscrezioni dei giorni scorsi che volevano appunto i russi entrare in maniera prepotente nel mercato energetico spagnolo. Il titolo repsol ha reagito pistivamente comunque a tutte queste indiscrezioni sulla Borsa di Madrid gudaganando oltre 2 pounti percentuali. Probabilmente il mercato scommette che evidentemente presto possa entrare nel capitale di Reposl o un grande colosso petrolifero, in previsione di una futura opa, oppure che vi sia una fusione fra Repsol, Gas natural e Fenosa, come da tempo si vocifera in ambienti finanziari spagnoli.

Licenziamenti e joint venture in vista per unità di Credit Suisse

 Credit Suisse Group AG, la seconda banca della Svizzera, sta progettando di tagliare alcuni posti di lavoro all’interno della sua unità di garanzie finanziarie ed è inoltre pronta a considerare una vendita o una joint venture per una parte della sua divisione di gestione degli assets: la banca svizzera procederà a tali operazioni a causa dei sempre peggiori andamenti dei mercati finanziari. Le riduzioni di staff, che potrebbero verificarsi verso la fine del 2008, si aggiungono ai 500 licenziamenti annunciati solamente due settimane fa.

 

Le dimensioni di questi ulteriori tagli del personale, in aree lavorative che includono anche il comparto dei diritti di proprietà, sono ancora da valutare. La divisione contava circa 21.300 impiegati alla fine di settembre. Dirk Hoffmann-Becking, analista inglese della Sanford Bernstein & Co., ha così commentato la notizia:

In testa alla lista vi sono senza dubbio le banche di investimento. Mi aspetto che Credit Suisse riduca gli affari ciclicamente carenti, come le sottoscrizioni e il settore consultivo.

Per quanto riguarda la sua unità finanziaria, Credit Suisse sta tentando di dare maggiore impulso ai profitti, dopo le perdite di 359 milioni di franchi svizzeri (302 milioni di dollari) conseguite nei primi nove mesi del 2008.

 

Il rallentamento cinese un rischio da tenere sotto controllo

 Gran parte dei paesi occidentali stanno attraversando un periodo recessivo. Il PIL complessivo d’Europa ha registrato una contrazione dello 0,2% nell’ultimo trimestre, replicando un andamento simile ottenuto nei tre mesi precedenti.  A fronte di un ciclo economico in contrazione nei paesi sviluppati, l’economia cinese continua ad espandersi, seppur a ritmi rallentati.  A quanto affermano le stime ufficiali, il pil cinese dopo un ciclo di crescita a doppia cifra durato cinque anni, ha segnato un rallentamento, crescendo nel terzo trimestre di “solo” il 9%, il tasso più basso degli ultimi sette anni. Una crescita del 9% è certo ben distante dall’avvicinarsi alla zona recessiva: vista la struttura economica, alimentata in passato da massicci investimenti industriali a servizio della produzione di gran parte del mondo, un rallentamento della Cina fa nascere serie preoccupazioni.

Analisi Tecnica: Fiat dal medio al breve periodo

 Tra i titoli preferiti dai daytrader per quanto riguarda il paniere SPMIB c’è sicuramente FIAT. Gli scambi sono elevati, e le azioni sono trattate tanto dai cassettisti quanto dagli scalper più veloci. Analizziamo dunque l’andamento di medio periodo al fine di fornire indicazioni di massima per chiunque desidera investire in questo titolo.
Iniziando da una visione weekly (quindi a candele settimanali) si nota innanzitutto che, a differenza dell’indice di riferimento, il minimo assoluto è stato fatto nel 2005 (precisamente nella settimana del 18 Aprile) ad un valore di 4,3581. Tale prezzo non è ancora stato rivisto, poiché il minimo di periodo è stato fatto tre settimane fa’ a 5,2350. Sostanzialmente si tratta di un segnale di tenuta rispetto all’indice, per cui nel medio periodo sembra che se l’indice prenderà la strada del rialzo, il titolo FIAT ne trarrà beneficio sovraperformando l’SPMIB. Importante sarà la tenuta del livello 4,82 se verrà raggiunto, sul quale iniziare ad accumulare, con entrate frazionate in attesa degli sviluppi di medio periodo. In ultimo, la situazione di ipervenduto dell’RSI settimanale fornisce un’indicazione di rimbalzo, utile per riportare i prezzi in una situazione di equilibrio.

Fannie Mae e Freddie Mac tutto è cominciato nel 1999

Fannie Mae l’agenzia per i mutui americani protagonista con la sua “sorella”di uno dei più grandi salvataggi statali mai messi in opera dall’amministrazione americana, ha registrato nel terzo trimestre perdite per 22.600 milioni di dollari.  Risultati non certo entusiasmanti ma facilmente prevedibili, era, infatti, quasi certo che i conti delle due agenzie di mutui americani non sarebbero potuto essere molto migliori. Ripercorrendo la storia dei due colossi del credito Usa si scoprono alcune particolarità, forse immaginate o supposte da qualcuno che forse dovrebbero far storcere il naso a quanti comunque dovranno caricarsi sulle spalle il fardello del salvataggio (i contribuenti americani e non solo purtroppo). Fannie Mae fu creata nel 1938 dopo il decennio della Grande Depressione: figlia del New Deal di Franklin Roosevelt, è la prima banca di natura semipubblica che ha per unico scopo l’erogazione di mutui-casa a “prezzi politici” controllati dal governo. Il suo successo nel diffondere tra la middle class americana la proprietà delle abitazioni è stato considerato il fondamento del “sogno americano”. Insieme con Freddie Mac, la sua istituzione gemella, queste due maxi-banche di credito fondiario hanno accresciuto il loro valore e la loro importanza nel sistema economico americano sorretto in gran misura negli ultimi due decenni da un grande boom edilizio.