Mutui a tasso fisso o variabile?

Il solito dubbio: tasso fisso o variabile? É a tutti noto che il tasso fisso si mantiene tale per tutta la durata del rapporto e quindi si può programmare il proprio piano di pagamento esattamente. Con il tasso variabile si è più certi che il saggio pagato anno per anno risponda a delle logiche attuali (rispetto ai pagamenti) di mercato, in quanto esso si aggiorna periodicamente sulla base del costo del denaro, variamente calcolato.

La banca funge da intermediario tra una soggetto che investe i soldi e un altro che li utilizza. Quindi per prestare del denaro a tasso fisso servirà che prima qualcun altro lo abbia investito a tasso fisso.

Debito pubblico ed emissione di obbligazioni e moneta

Per debito pubblico si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o soggetti stranieri, che hanno sottoscritto obbligazioni (come BOT e CCT) destinate a coprire il fabbisogno finanziario statale. Se anno dopo anno, il bilancio dello Stato chiude sempre con un deficit, ossia le entrate (essenzialmente gettito fiscale) superano sempre le uscite (spesa pubblica), alla fina viene a realizzarsi una situazione insostenibile, pari a quella di un individuo che sistematicamente spende più di quanto guadagna ed è quindi costretto ad indebitarsi con un meccanismo a spirale. Lo Stato non potrà reggere in eterno questo meccanismo in quanto il debito potrebbe arrivare ad eguagliare l’intero PIL!

Lo Stato oltre che con l’emissione di titoli può finanziare il debito pubblico stampando moneta, ed in ogni caso, se non riesce a risanare il bilancio, prima o poi potrebbe trovarsi costretto a ricorrere a questa alternativa. Gli economisti Sargent e Wallace hanno dimostrato che l’indebitamento con emissione di moneta è meno inflazionistico di quello con emissione di titoli, inoltre, giacché, nel lungo periodo lo Stato dovrà comunque emettere moneta per fronteggiare il debito pubblico, è meglio che lo faccia fin dal primo deficit di bilancio.

Prestiti agevolati per installare il fotovoltaico

La banca tedesca di Sviluppo (KfW) in soli due anni e mezzo ha erogato prestiti a tasso agevolato per il valore di più di un miliardo di euro per l’installazione del fotovoltaico. L’Italia non è ancora arrivata ai livelli di utilizzo del solare dei vicini tedeschi, ma le banche hanno già colto l’opportunità offerta proponendo ai propri clienti prestiti agevolati. Un impianto fotovoltaico permette a chi lo installa di diventare produttore di energia, ammortizzandone i costi di installazione e pagando in bolletta solo la differenza tra quella consumata e quella prodotta. Nonostante questo l’acquisto e l’installazione di un buon impianto fotovoltaico ha costi ancora alti, che seppure rimborsati dai vantaggi futuri, sul momento rappresentano cifre non sempre disponibili.

Le banche offrono quindi finanziamenti e prestiti che coprono il 100% delle spese. Vediamo alcune di queste offerte.
  • Finanziamento Energia di Unicredit Banca: rivolto a privati e famiglie, va da un minimo di 10 mila ad un massimo di 50 mila con durata fino a 120 mesi; può essere a tasso fisso (Eurolrs) o variabile (Euribor a tre mesi); possibilità di estinzione anticipata a costo zero; spese istruttorie 1% del prodotto finanziato (con sconti da 25% a 75% per i titolari dei conti correnti Genius.
  • Prestito Ecologico di Intesa San Paolo: l’importo finanziabile va da 2.500 a 75 euro, con durata da 2 a 12 anni; estinzione anticipata ammessa ma con il pagamento di un rimborso; tasso annuo fisso a 7,95% e zero spese di istruttoria (questo prestito non copre solo l’impianto solare fotovoltaico, ma anche l’installazione di finestre ed infissi per la coibentazione, installazione di caldaie di nuova generazione, acquisto di automezzi e elettrodomestici ecologici).

Ricucci: da odontotecnico a immobiliarista della Magiste International

Secondo quanto sempre affermato dallo stesso Ricucci, la sua attività di immobiliarista è potuta iniziare grazie a un terreno agricolo di famiglia divenuto edificabile che lui avrebbe venduto ottenendo così il capitale iniziale da cui è partito per costruire il suo impero immobiliare, sempre basato sul meccanismo dell’acquisto e rivendita di terreni e immobili. Stefano cresce a Santa Maria Maggiore ed inizia a lavorare come cameriere. Diplomatosi, svolge l’attività di odontotecnico a Roma. Nel frattempo comincia la sua attività imprenditoriale acquistando e cedendo terreni agricoli e immobili nella capitale. Entra nel mondo della finanza italiana reinvestendo 100 milioni di euro di plusvalenze in alcune grandi casseforti, come Hopa (1,4%), Banca Popolare di Lodi (0,9%), Reti Bancarie (1%), Investimenti Immobiliari Lombardi (0,4%) e Banca Valori (1%). Continuando con le speculazioni, giunge a detenere il 5% circa di Capitalia, venduta nel 2003 con un guadagno di 120 milioni di euro.

Investire nei bond per non rischiare troppo

Crisi del credito e dei mercati globali: dove conviene investire riducendo i rischi? E’ quello che probabilmente si sono chiesti e si chiedono la maggior parte dei risparmiatori visto il contesto internazionale. Sono molti i gestori di fondi che a questa domanda rispondono “Bond!“. Bond sì, ma quali? Ci sono i corporate bond, le emissioni societarie, che però devono essere “maneggiati” con cura: da analizzare con cura il merito del credito dell’emittente, poichè in tempi di credit crunch le brutte notizie possono sempre essere in agguato. I corporate bond garantiscono meno sicurezza in periodi recessivi (o quasi) dei titoli di Stato, ma possono contare su fondamentali solidi, e se si sceglie di puntare su doppie o singole B è possibile ottenere rendimenti crescenti con rischi contenuti.

Ancora più sicure le società con rating a tripla A, attualmente acquistabili a prezzi bassi, adatti ad un investitore paziente che possa attendere almeno un paio di anni che i mercati si riassestino per ottenere un guadagno. Se comunque restate indecisi anche dopo aver dato un’occhiata ad alcune delle emissioni societarie ed i loro rendimenti potete scegliere anche di puntare su un ETF che replica l’andamento di diversi titoli corporate, così da poter diversificare settori e classificazioni, quindi rischi.

I più sicuri restano però senza dubbio quelli governativi, da affiancare magari ad un investimento in azioni per rendere più stabile così il proprio portfolio. Il rischio in questo caso è della bolla: i timori per la mimore crescita, le vendite che fioccano sui titoli più a rischio, hanno spinto in molti a scommettere sui bond governativi, i cui prezzi sono inevitabilmente saliti facendone calare i rendimenti.

L’occupazione in banca cresce in tutta Italia?

Cresce l’occupazione in banca e si rafforza la qualità del lavoro arrivando a impegnare il 32% di laureati sul totale dei dipendenti bancari (nel 2005 erano il 25%). Si consolida anche il processo di crescita del personale femminile (40% del totale occupati ).

L’ andamento non brillante dell’economia italiana
e le previsioni dell’Unione europea sulla bassa crescita non frenano la capacità del settore bancario di favorire una tenuta dei livelli occupazionali, le banche hanno saputo offrire lavoro ad alta professionalità a un numero crescente di lavoratori anche di fronte a un contesto di continuo cambiamento dovuto a processi di concentrazioni, ristrutturazioni ed esodi anticipati.

Lo ha dichiarato il presidente dell’Abi, Corrado Faissola, aprendo la due giorni del convegno annuale ‘Hr 2008 – Banche e risorse umane: competenze e merito per crescere nella banca che cambia‘. Nel credito è accentuato, infatti, il fenomeno di ricambio generazionale.

Per il Direttore generale dell’Abi, Giuseppe Zadra,

il notevole progresso tecnologico del sistema non ha limitato l’offerta di lavoro grazie soprattutto al significativo sviluppo della domanda di servizi finanziari e bancari.

Una figura che vede una reale crescita è quella del consulente finanziario, o agente o promotore, ormai non si sa più che nome dargli, allo scopo di nascondere quello reale: procacciatore finanziario. Per “procacciatore d’affari” si intende colui che riceve da un’impresa, senza divenirne dipendente né subirne il potere di direzione, l’incarico di promuovere contratti in suo nome.

Chi diceva che i mercati emergenti non erano più un buon investimento?

C’è chi sosteneva che i mercati emergenti avevano fatto il loro percorso, temporaneamente arrestatosi a causa della crisi finanziaria mondiale e dell’impennata dei costi delle derrate alimentari. Ma è davvero così? In realtà i grandi nomi della finanza continuano a puntare su di essi e gli investimenti ad indirizzarsi verso i paesi africani e asiatici. Deutsche Bank ha stilato un report sugli hedge funds secondo cui proprio il continente africano e i paesi mediorientali saranno i top performer. Ebbene sì, perchè i mercati emergenti la loro crescita la stanno proseguendo ed è una crescita magari più contenuta ma anche più consolidata, più strutturale, che attira non solo le speculazioni del momento ma anche investimenti di lunga durata, che puntano alle loro infrastrutture ed ai loro consumi.

Ordonez, membro del consiglio direttivo della Bce, intendeva proprio questo quando ha defintio i paesi emergenti “più pronti rispetto al passato ad affrontare le crisi finanziarie”. Certo le sfide che devono affrontare risultano più ardue ancora forse di quelle che stiamo affrontando noi, l’inflazione e i costi delle materie prime, ma hanno probabilmente più risorse di noi per vincerle.

Anche i mercati azionari si distinguono per una maggiore capacità di “riscossa”: mentre le piazze europee e Wall Street si accontentano di tornare felicemente alla tranquillità, il Bovespa brasiliano segna i massimo storici. E questo nonostante i paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) siano molto legati all’andamento del nostro ciclo economico.

Politica fiscale per combattere inflazione e disoccupazione

Con politica fiscale si designa la manovra del bilancio dello Stato e di altri enti pubblici con finalità di variazione del reddito e dell’occupazione nel breve periodo.

Le entrate pubbliche sono di 2 tipi:
1. Entrate correnti che sono connesse con i tributi e in minima misura da altri fonti.
2. Entrate in conto capitale derivano da alienazione di beni patrimoniali e aziende pubbliche e dal rimborso di crediti.

Le spese pubbliche sono composte da:
1. la spesa pubblica per beni e servizi.
2. Spesa per consumi pubblici che è il costo per il personale aumentato delle spese per acquisti correnti di beni e servizi.
3. Spesa per investimenti pubblici che è destinata ad ampliare la dotazione di capitale di proprietà pubblica (scuole, ospedali, opere pubbliche in genere).
4. I trasferimenti correnti in senso stretto includono: trasferimenti alle famiglie, aventi finalità redistributive e di fornitura di beni meritori.
5. trasferimenti alle imprese, consistono di contributi assegnati alle imprese con varie finalità: miglioramento bilancia dei pagamenti, redistribuzione, aumento della domanda, aiuti a settori in crisi.
6. trasferimenti al Resto del mondo, per contribuzioni a organismi internazionali, cooperazione con PVS etc.

Il mercato della pubblicità on line raggiunge 1 miliardo di euro

Si è svolto ieri lo IAB 2008, nella sua seconda edizione romana; IAB sta per Interactive Adevertising Bureau e tema del forum era ovviamente il mercato della pubblicità in rete. Presenti 2500 professionisti e 18 aziende leader del settore per confrontarsi e capire quale futuro avrà un mercato come quello del business pubblicitario in rete.

Layla Pavone, presidente dello IAB prevede che il mercato arrivi a quota un miliardo di euro, vista la significativa crescita che ha registrato annualmente, toccando percentuali del 40%. La prossima frontiera sarà invece rappresentata dai video pubblicitari, rubando ancora di più la scena alla televisione, il cui mercato pubblicitario appare ormai saturo ed in crescita solo del 2-3% l’anno.

Il mercato della pubblicità in rete è riuscito a ritagliarsi il suo spazio anche in Italia, ed il Web sta conquistando sempre più adepti: in marzo gli utenti sono stati il 5% di più del mese precedente. E cresce sempre di più anche il tempo di utilizzo incrementato del 145%, togliendo spazio al consumo degli altri media.